Attualità

L'intervento. Non tentare fughe in avanti Esiti difficilmente valutabili

LORENZA VIOLINI* martedì 23 febbraio 2016
È attesa ad horas la sentenza della Corte Costituzionale che dovrà pronunciarsi sulla questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale dei Minori di Bologna contro gli articoli 35 e 36 della legge italiana sull’adozione, ritenuti contrari alla Costituzione in quanto ostativi al riconoscimento in Italia di una sentenza americana che ha acconsentito alla adozione da parte di una donna, legata da matrimonio a un’altra donna, della figlia naturale di quest’ultima avuta con sperma di donatore anonimo. Essendo il matrimonio omosessuale non consentito nel nostro Paese ed essendo il matrimonio stesso condizione per l’adozione del figlio del partner la richiesta presentava palesi profili di illegittimità per l’ordinamento nazionale il quale, tra l’altro, consente al riconoscimento di sentenze straniere a determinate condizioni procedurali e solo in osservazione della condizione sostanziale di non dar luogo, in materia famigliare, a situazioni contrarie all’ordine pubblico. 
 
 
E, tuttavia, in un clima culturale profondamente imperniato da logiche rivolte alla estensione massima dei diritti, il giudice rimettente evoca una serie molto lunga di norme nazionali, europee e internazionali che sosterrebbero le ragioni di chi considera il mancato riconoscimento della sentenza straniera come sostanzialmente ingiusto; inoltre, a sostegno delle proprie tesi il giudice stesso non manca di richiamare affermazioni della dottrina e stralci di altre sentenze. Come risultato di tali richiami, il giudice richiede alla Corte di pronunciarsi per l’incostituzionalità della clausola di garanzia per l’ordine pubblico che introdurrebbe un divieto discriminatorio e osterebbe a riconoscere alle parti il diritto ad avere un famiglia a tutti gli effetti. 
 
 
Se la Corte, poi, si pronunciasse in questo senso, si avrebbe come effetto di introdurre per quel singolo caso una serie di situazioni in palese contrasto con il diritto vigente: alle due donne infatti sarebbe consentito di considerarsi – ai soli fini dell’adozione – come legalmente sposate in Italia e capaci quindi di adottare la figlia della partner, proprio mentre si assiste in sede parlamentare a un intenso dibattito circa l’opportunità di introdurre per legge tale ultima fattispecie; per non parlare poi del matrimonio omosessuale, espressamente escluso anche in sede di discussione delle regole da applicare alle unioni tra persone dello stesso sesso. 
 
 
Difficile immaginare come si possa giungere, per scelte singole (di singoli tribunali, di singoli giudici e di singole corti) a contraddire un assetto normativo chiaro, tra l’altro già considerato costituzionalmente legittimo dalla Consulta quando ha affermato che non è incostituzionale riservare il matrimonio (e, di conseguenza, tutti i diritti e i doveri che ne derivano) alle sole coppie di sesso diverso; qui si tenta la strada argomentativa del best interest – il miglior interesse – del minore, il quale peraltro va valutato nell’ambito delle regole sul diritto di famiglia nazionale e non a prescindere dalle stesse. La libertà si esercita nell’ambito delle condizioni poste dall’ordinamento e non tentando fughe in avanti le cui conseguenze sono difficilmente valutabili.
 
*ordinario di diritto costituzionale Università Statale di Milano