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Medio Oriente. «Non invadere Gaza» (oppure sì). Cosa c'è dietro l'attesa di Israele

Francesco Palmas martedì 17 ottobre 2023

La colonna di carri armati israeliani

Israele «si sta preparando per le prossime tappe nella guerra contro Hamas, ma i piani potrebbero essere diversi dall'attesa invasione via terra della Striscia». Fanno rumore, le affermazioni del portavoce dell'esercito Daniel Hecht, che per la prima volta ipotizza un esito diverso rispetto a quello più atteso sin dall'inizio del conflitto in Medio Oriente. «Ci stiamo preparando - ha spiegato -, ma non abbiamo detto quali piani saranno. Tutti parlano dell'offensiva di terra. Potrebbe essere qualcosa di diverso». Ma che significato avrebbe, l'invasione? E che cosa potrebbe invece andare storto? Ecco le ipotesi sul campo.

Perché no

Invadere la Striscia di Gaza? Si fa presto a dirlo. L’operazione è complessa. Rischia di trascinare Israele in un conflitto su più fronti, coinvolgendo il Libano meridionale e il Golan. Anche se questo scenario da incubo non si concretizzasse, il teatro di Gaza è già di per sé molto problematico. A parte i tunnel, le viuzze strette e gli edifici slanciati offrono un vantaggio immenso ai difensori. Bisognerà combattere casa per casa e affrontare tante incognite. Basteranno le forniture di munizioni, visto che l’Ucraina inghiotte buona parte delle produzioni occidentali? E quando cominceranno i lutti, il fronte interno e l’opinione pubblica internazionale reggeranno? Nell’operazione del 2014, limitata per durata e impegno, erano morti 66 soldati israeliani. Oggi se ne attendono molti di più, perché Hamas è disposta a combattere a lungo.

È una tecnoguerriglia matura, innervata da una fanteria determinata e competente e addestrata quotidianamente alle tecniche di combattimenti. La guerra si annuncia brutale e pericolosa: i tunnel potrebbero rivelarsi trappole mortali per gli attaccanti. Bisognerà snidarle con il genio, i robot e farci entrare i fanti. Forse gli israeliani puntano a far tabula rasa di tutto come fecero con l’Olp nel Libano meridionale. Ma quando si ritireranno dalla Striscia, il vuoto che lasceranno sarà occupato da un Hamas 2.0 o da un’altra organizzazione ostile, in una spirale senza fine. A meno che Tsahal (le forze di difesa israeliane) non punti davvero a occupare un terzo della Striscia, creando una zona cuscinetto che la esporrebbe però a una guerriglia permanente.

Perché sì

Sulla carta, Israele non ha scelta: per chiudere i conti con il gruppo terroristico di Hamas (la maggior parte dei governi occidentali lo definisce in questo modo) la verità è che un intervento terrestre massiccio è indispensabile. Da quando non occupa più la Striscia di Gaza (2005), Gerusalemme è stata costretta a combatterci ogni due anni, senza mai venire a capo del nemico. Senza truppe a terra non risolverebbe il problema nemmeno ora. La storia militare insegna che i conflitti contemporanei si vincono o si perdono con gli scarponi nel fango, non con i droni o i lanci a distanza di missili. Solo la battaglia del Pacifico (1945) è stata risolta da bombardamenti aerei. Ma è un caso anomalo, perché vi si impiegarono ordigni atomici.

Se oggi Israele facesse affidamento esclusivo sulle bombe aviolanciate, non le sarebbe possibile sventrare i sotterranei in cemento armato di Hamas. Una rete di tunnel gigantesca, costruita sotto gli edifici civili a profondità di 40-50 metri, di cui è ignota l’esatta localizzazione. Parliamo di un labirinto esteso per decine di chilometri, sede dei comandi militari, di molte fabbriche di armi, di migliaia di combattenti e di centri per la comunicazione e la guerra cibernetica. Un dedalo in cui sarebbero trincerati anche Mohammed Deif, numero uno dell’ala combattente di Hamas, e gli aguzzini dei prigionieri catturati dai terroristi il 7 ottobre scorso, tutti obiettivi strategici dell’operazione in itinere. Il gruppo di Hamas avrà senz’altro disseminato gli ostaggi in moltissimi punti del reticolo di gallerie della Striscia, complicando il lavoro dell’intelligence e delle forze speciali israeliane, che punteranno a salvarne il maggior numero possibile.