Attualità

Terra dei fuochi. «Non ci diranno più che siamo visionari»

PINO CIOCIOLA domenica 3 gennaio 2016
Non possono gioire. Ma riescono a provare sollievo. Adesso almeno «non potranno più dire che siamo pazzi, né insultarci». Adesso «rispetteranno le nostre sofferenze e le mille domande che ci siamo sempre fatti». Dopo il pronunciamento dell’Istituto superiore di Sanità (Iss), la gente della Terra dei fuochi vede in ginocchio il suo più feroce nemico: «Il negazionismo». Abbattuto da quelle parole messe nere su bianco dall’Iss in un rapporto ufficiale (che da ieri rimbalzano da una pagina all’altra dei social network): gli «eccessi della mortalità» a sud di Caserta e nord di Napoli sono colpa anche dell’«esposizione a inquinanti ambientali che possono essere emessi o rilasciati da siti di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi e/o di combustione incontrollata di rifiuti sia pericolosi, sia solidi urbani». Chiunque lo sapeva, da queste parti. Soprattutto, tutti i medici in privato lo confermavano, quasi nessuno lo ripeteva in pubblico. Il primo esperto con incarichi istituzionali a venire allo scoperto fu l’allora direttore dell’'Istituto nazionale tumori Pascale' di Napoli: era il 14 aprile del 2014 e nel suo studio Antonio Pedicini usò parole forti e chiare. «Da parte della comunità scientifica si è sposato un atteggiamento negazionista che di scientifico non ha nulla – disse –. È solo volontà di quieto vivere». Non bastò. Ora l’Istituto superiore di Sanità ha chiuso la vicenda. Quando Riccardo è morto aveva diciotto mesi, era nato ad Afragola e a nove mesi s’è ammalato di leucemia: «Colpa dei rifiuti tossici», dissero, in privato, ai suoi genitori i medici che lo seguivano. Mamma Anna Magri lo spiega sussurrando: «Era normale che l’Istituto confermasse che qui si muore di più. Situazione più critica per i bambini? Sapevamo anche questo. Lo sa bene chi purtroppo frequenta gli ospedali pediatrici, perché vede da quanti piccoli sono riempiti e perché. Ormai da qualche anno tra noi genitori c’è un’allerta». Anche Marzia Caccioppoli ha perso suo figlio, Antonio. Aveva nove anni e mezzo, viveva a Casalnuovo e l’ha ucciso un neuroblastoma che colpisce solitamente gli ultrasessantacinquenni giapponesi. Come Anna fa parte dell’'Associazione Noi genitori di tutti'. Anche a lei e a suo marito i medici dissero, in privato, che «è colpa di qualcosa di tossico vicino a dove abitate ». Anche Marzia sussurra: «Smetteranno d’insultarci, finalmente. Non siamo più folli. Non siamo più le mamme che volevano a ogni costo trovare un motivo alla perdita d’un figlio. Allora adesso dobbiamo ricominciare daccapo a lottare, con più grinta di prima. Per i figli degli altri». Ha compiuto da poco trent’anni Maura Messina, che vive a Villaricca. Lei il tumore è riuscita a sconfiggerlo ed anche a lei i medici avevano spiegato le cause... «Ci sono voluti troppi anni perché lo Stato ammettesse che Terra dei fuochi esiste e miete vittime ogni giorno – dice –. Ora bisogna fare presto, restituire la salute e un’aspettativa di vita degna di questa definizione». Mauro Pagnano è di Caivano, ha fotografato in ogni modo mille roghi tossici, come pure discariche illegali, ed è stato anche portavoce del 'Coordinamento comitati fuochi': «L’Istituto superiore di Sanità ci ha ufficialmente detto che i nostri bambini rischiano più degli altri. Ci siamo sempre fatti mille domande e per queste stesse secondo molti quasi avremmo dovuto chiedere scusa. E chiedere scusa per essere nati e vivere dove hanno sversato e bruciato milioni e milioni di tonnellate di rifiuti tossici...» Antonio Marfella è oncologo del 'Pascale' da anni in trincea per la gente della Terra dei fuochi: «I dati dell’Iss mostrano che qui il problema dei rifiuti tossici è assai serio», afferma. E aggiunge: «Abbiamo da combattere ancora, ma servono persone competenti e oneste. Troppi hanno mentito sapendo di mentire...».