Attualità

5 giorni senza telefono. Non c'è campo, ma c'è vita. In rifugio senza smartphone

Francesco Dal Mas giovedì 19 settembre 2019

«Senza cellulare si torna adolescenti, si recupera il valore del gruppo e del racconto, il senso del divertimento e del contatto fisico». L’avventura è finita e così si raccontano Lucas, Fulvio, Stefania, Jozef, Ivana, Valentina, Igor, Michel, Ionela e Ana Carolina, i dieci prescelti che per 5 giorni hanno partecipato, ai piedi della Marmolada, alla vacanza 'Recharge in Nature in the Heart of Dolomites'.

«Quando sono arrivati – racconta Dante Del Bon, il gestore del rifugio Onorio Falier che li ha ospitati – mia moglie ha 'sequestrato' tutti i cellulari, nascondendoli in un sacchetto. Glieli restituivamo dieci minuti alla sera, esclusivamente per informare le famiglie sulla loro condizione».

Del Bon stesso ha nostalgia di questa vacanza, immaginarsi i giovani: chi manager, chi architetto, chi con famiglia e chi no, italiani e stranieri. «Dopo questa esperienza – testimonia Valentina – mi sono ripromessa di trascorrere un giorno alla settimana a telefonino spento». Ionela, rumena, vorrebbe fare un uso più responsabile dei tre cellulari che usa per lavoro.

La singolare iniziativa è stata promossa da 7 Comuni dell’Alto Agordino, in provincia di Belluno, che poco meno di un anno fa sono stati colpiti dalla tempesta Vaia. E ancora ne portano i segni, tanto che gli stessi protagonisti dell’esperienza nei giorni di permanenza al Falier a 2000 metri di quota hanno preso pala e piccone per sistemare il sentiero d’accesso al rifugio, stravolto dalle acque. Alberto Fistarollo, lo psicologo che ha accompagnato il gruppo, è molto soddisfatto di come, in pochi giorni, ha visto capovolgere situazioni di forte stress o blocchi emotivi, collegati spesso alla dipendenza da tecnologie: «I ragazzi, una volta ambientati, hanno invece spostato la loro attenzione dai personali 'altrove' al comune presente e, grazie anche al ricco contesto naturale, hanno scoperto come vivere appieno i particolari che ci circondano: un sentiero, un paesaggio, un odore, un rumore».

Il sindaco di Livinallongo, Leandro Grones, prendendo atto dei risultati si dice certo che l’esperienza verrà rinnovata e suggerisce l’emulazione in altre valli. Il gestore del Falier garantisce che ne vale la pena: «È più di 50 anni che faccio questo lavoro, eppure io e mia moglie avvertivamo questi 'ragazzi' (qualcuno ha più di 40 anni, ma manifestavano attese da adolescenti, distaccati com'erano dal mondo) come fossero nostri figli. Per 5 giorni siamo cresciuti insieme, sorprendendoci della bellezza del creato, i fiori, le albe, i tramonti».

La parete sud della Marmolada è il santuario dell’alpinismo e sul rifugio incombe in tutta la sua straordinaria imponenza. «I partecipanti si fermavano ore ad osservare gli scalatori arrampicati sui pilastri di roccia, chiedendosi che cosa li motivasse. Ed era – conclude Del Bon – un interrogarsi sul senso della vita». Gli dà ragione Ionela: «Volevo 'ripulirmi' e ci sono riuscita» ha confidato alla moglie di Dante, abbracciandola, quando la signora le ha restituito il cellulare. Emma Taveri, coordinatrice del progetto, si dichiara soddisfatta dell’esito della sfida: «Siamo in un ambiente speciale per la ricerca dell’autenticità, questa esperienza ne ha dimostrato l’efficacia».