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Nomine. Di Maio: no contrasti, mai chiesto dimissioni Tria

Redazione Romana venerdì 20 luglio 2018

Sulle nomine e in particolare su Cassa depositi e prestiti, nel governo «non ci sono contrasti. Semplicemente stiamo cercando di trovare i migliori su Cdp, il nostro obiettivo è trovare i migliori. Se per trovare i migliori c'è una discussione nel governo, ben venga la discussione. L'importante è che tutto quello che facciamo sia un compromesso al rialzo e non al ribasso. Non abbiamo
mai assolutamente chiesto le dimissioni del ministro dell'Economia». Lo ha detto il ministro dello Sviluppo e vicepremier Luigi Di Maio, parlando a Montecitorio del vertice sulle nomine, ieri prima indetto e poi annullato dal governo.

La vicenda
Sperava di riporlo in fretta, invece il dossier nomine continua a essere uno dei più caldi sulla scrivania del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Tante le caselle da riempire, su cui è difficile mettere d'accordo le due anime del governo, Lega e M5s, e queste due insieme con il titolare del Mef, Giovanni Tria, che in questa partita ha un ruolo fondamentale. Sua infatti deve essere l'indicazione per i due membri del consiglio di amministrazione della Rai di nomina governativa. Decisivo anche il suo ruolo per la scelta del nuovo amministratore delegato di Cdp.

È proprio su questa casella, quella della Cassa depositi e prestiti, che si è arenata la trattativa, trascinando nello stallo anche l'altra. Tria infatti insiste per Dario Scannapieco, vicepresidente Bei, caldeggiato anche dalle fondazioni. Ma sul nome c'è il doppio veto Lega-M5s, che lo considerano espressione della 'vecchia guardia'. Mentre per le forze di maggioranza la partita è fondamentale, visto che Cdp tiene i cordoni della borsa che potrebbe essere utilizzata per partite come quella di Alitalia, di cui l'esecutivo vuole rilanciare l'italianità. Il risultato è che l'assemblea di Cassa depositi e prestiti mercoledì ha prodotto una fumata nera e il rinvio al 24 luglio.

Entro quella data va trovata una soluzione: ecco perché Conte sperava di riuscire a fare il punto e trovare un'intesa all'interno del suo esecutivo giovedì, prima che il ministro dell'Economia partisse per il G20 di Buenos Aires. L'incontro tra i due, come di consueto prima di questi appuntamenti, era già programmato: il premier ha esteso la convocazione ai due vice, Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Riunione sconvocata un'ora dopo, "per impegni". Sta di fatto che a Palazzo Chigi si è presentato solo Tria, mentre Salvini cadeva dalle nuvole: "Non sapevo neanche che fosse stato convocato", ha risposto ai cronisti alla Camera. Aggiungendo poi su Cdp: "Non sono io che seguo il dossier". A occuparsene infatti è Giancarlo Giorgetti, leghista sottosegretario alla presidenza del Consiglio incaricato da Conte di 'trattare' con i due vice e le rispettive forze politiche. "Leggetevi l'intervista di Conte al Fatto. C'è una procedura, chiedete a chi gestisce la procedura".

Nell'intervista citata, il presidente spiega che il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, propone i nomi al presidente del Consiglio che ne parla con i due vice presidenti. E in mancanza di accordo si rinvia. Probabilmente fino a lunedì, quando dovrebbe essere convocato il consiglio dei ministri al rientro del titolare del Mef. Da lì dovrebbe uscire anche l'indicazione dei due membri del cda Rai scelti dal governo: mercoledì il Parlamento ha votato Beatrice Coletti e Rita Borioni, scelte dal Senato, Igor De Blasio e Giampaolo Rossi, nominati dalla Camera. Giovedì i dipendenti dell'azienda hanno scelto il tecnico e animatore del blog 'IndigneRai'. La partita di viale Mazzini non è chiusa: mancano presidente e Ad. Quest'ultimo spetta al M5s, che cerca un manager esperto che accetti il tetto dei 240mila euro di stipendio: in pole restano l'ex La7 Fabrizio Salini e l'ad di Widiba Andrea Cardamone.
Per la poltrona di presidente, su cui punta la Lega, resta in corsa Giovanna Bianchi Clerici.