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LOTTA ALLA MAFIA. Niente protezione per il boss Spatuzza

Alessandra Turrisi mercoledì 16 giugno 2010
L’uomo che ha contribuito alla svolta delle indagini sulle stragi del 1992 non sarà ammesso al programma di protezione dei collaboratori di giustizia. Lo ha deciso la Commissione centrale del Viminale per la definizione e l’applicazione delle misure speciali di protezione. Un parere che farà discutere. La proposta era stata avanzata dalle procure di Firenze, Caltanissetta e Palermo che indagano sulle stragi di via D’Amelio e del ’93 e che avevano riempito pagine e pagine di verbali con le dichiarazioni di Spatuzza. Il rifiuto è arrivato perché il pentito ha cominciato a fare le sue dichiarazioni oltre il limite dei 180 giorni dal giorno in cui ha espresso la disponibilità a collaborare. Gaspare Spatuzza ha cominciato a parlare coi magistrati il 26 giugno 2008, poi ha reso altre dichiarazioni dal 16 giugno 2009 e quindi, nel giudizio contro Marcello Dell’Utri, il 4 dicembre 2009. Le sue sono ritenute, dunque, «dichiarazioni a rate». Secondo quanto rileva la commissione, non vi è «alcun elemento che autorizzi a ritenere che di quanto riferito nel dibattimento contro Dell’Utri, Spatuzza avesse già parlato nei 180 giorni previsti dalla legge. La fissazione dei 180 giorni quale termine ultimo per riferire fatti gravi, o comunque indimenticabili, è funzionale, secondo l’unanime volontà del Parlamento nel 2001 - è detto nella motivazione - a garantire tale genuinità e a evitare abusi, viceversa realizzabili se, come è accaduto in più casi, fossero ammesse le cosiddette dichiarazioni a rate».Dichiarazioni non genuine, quindi, secondo la commissione presieduta dal sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano. Restano, però, confermate per il boss di Brancaccio del clan Graviano «le ordinarie misure di protezione ritenute adeguate al livello specifico di rischio segnalato».Una decisione su cui interviene il procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo: «È un argomento interessante ma controvertibile. La Cassazione, del resto, ha ritenuto che anche le dichiarazioni per così dire “tardive”, se rese nel contraddittorio tra le parti, possono essere utilizzabili».Spatuzza, nelle sue dichiarazioni, oltre che autoaccusarsi del furto dell’auto che fu poi riempita di esplosivo per la strage di via D’Amelio, ha indicato il senatore Dell’Utri e il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, come i referenti politici di Cosa nostra dopo le stragi del ’92. Spatuzza ha raccontato di avere appreso la circostanza da Giuseppe Graviano, in due diversi incontri a cui avrebbe partecipato anche il boss Cosimo Lo Nigro.E su questo punta il senatore del Pd, Beppe Lumia, per criticare la decisione della commissione, che definisce «scelta grave». «Da quando Spatuzza ha deposto al processo che vede imputato il senatore Dell’Utri i giudizi su questo collaboratore sono cambiati», afferma. Mentre il vicecapogruppo del Pdl al Senato, Gaetano Quagliariello replica: «Dopo anni di abusi e di gestioni a dir poco disinvolte dei programmi di protezione dei collaboratori di giustizia, finalmente in Italia c’è un governo che applica la legge e non la interpreta a proprio piacimento o in base alle convenienze politiche».