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TENSIONI SOTTERRANEE. Napolitano non ferma Monti «Lavorerò per la continuità»​

Arturo Celletti sabato 24 novembre 2012
«Voglio pensare alle parole del ca­po dello Stato e oggi non ho a­vuto tempo per farlo. Oggi la mia testa era tutta qui, a Bruxelles. Tutta im­mersa in una trattativa che riguarda il futuro dell’Italia». Anche nelle telefonate più priva­te Mario Monti evita di dare la 'sua' spiega­zione all’altolà scandito dal Quirinale. Prefe­risce prendere tempo. Parla di «quarantott’ore di riflessione». Ma in un quadro 'segnato' dalla prudenza il premier non nega di guar­dare con preoccupazione le minacce di un fronte sempre più largo deciso a «mettere in discussione dodici mesi di lavoro del gover­no e di sacrifici degli italiani». E pesando tut­te le parole arriva al punto: «Serve continuità e io lavorerò perchè ci sia». Sono ore complicatissime, segnate da una crescente freddezza tra il Quirinale e Palazzo Chigi. Non si sono sentiti Monti e Napolitano. E probabilmente non si sentiranno nemmeno nel­le prossime ore.
«Mi serve tempo per elaborare una li­nea, per calibrare una stra­tegia... Voglio ancora pen­sare », ripete il Professore che domani sarà a Rai3 o­spite di Fabio Fazio. Lì po­trà farlo. Potrà andare oltre il «non ho com­menti » con cui ha liquidato i giornalisti nel­la conferenza stampa a chiusura del Consi­glio Ue. Potrà mettere in fila certezze e timo­ri. E magari rispondere al fronte che continua a considerarlo una risorsa decisiva per un nuovo governo di «ricostruzione».
Allo staff del premier non sfuggono le di­chiarazioni di sostegno. In cima c’è quella di Andrea Riccardi (con Montezemolo ha ap­pena dato vita a 'Verso la Terza Repubblica'). «Non ci siamo spenti per le parole di Napoli­tano e abbiamo intenzione di continuare», ripete il ministro della Cooperazione inter­nazionale. È solo l’inizio. Pier Ferdinando Ca­sini ricorda che la Lista per l’Italia è un «can­tiere aperto» di politica e società civile con l’intento di «continuare il lavoro del presi- dente Monti», al quale «non c’è alternativa». Poi tocca alla fondazione Italia futura: «Quel­lo che vogliamo costruire è un progetto per il Paese, non l’ennesimo partito politico fine a se stesso».
Napolitano non parla. Il capo dello Stato ha detto quello che doveva dire e l’ha fatto – an­nota il senatore Pd Giorgio Tonini – perchè «non vedrebbe bene la metamorfosi del pre­mier da uomo di mediazione e sopra le par­ti a leader di una parte contro l’altra». C’è però ancora molto da capire. E sicuramente un punto su cui fare luce è la storia del pressing di Bersani sul Colle. Ci si interroga: è vero o no che il leader Pd teme che Monti possa dav­vero decidere di impegnarsi in prima perso­na per federare l’area moderata? Ed è vero o no che avrebbe chiesto a Napolitano di in­tervenire?
Nessuno si sbi­lancia, tutti si trincerano dietro comprensibili no comment. Ma intanto Franco Frattini, l’uomo che da sempre nel Pdl ha pun­tato su Monti, guarda a­vanti con immutata fidu­cia: «L’operazione non è tramontata, la determina­zione di Monti c’era e ci sarà. Ma ora bisogna at­tendere: solo a Camere sciolte il premier potrà dav­vero sentirsi libero». Due progetti vedono Monti come possibile protagonista. Monti federatore dei modera­ti e guida di un governo alternativo al tan­dem Bersani-Vendola e Monti guida del fron­te moderato in un patto di governo con quel­lo progressista.
Due ruoli diversi, ma un’i­dentica missione: la continuità. «Già perchè in Parlamento – spiega Tonini – le forze po­puliste e anti Europa sono sempre più deci­se e numerose. L’alternativa? Una grande coa­lizione filo-europea e Bersani dovrà capire». Su Monti sale il pressing. In Italia, ma anche dagli Stati Uniti e dalla Germania. Sia Obama sia la Merkel continuano a pensare (e a dire) che il Professore deve restare al timone. Mon­ti non parla. E a notte fonda da Palazzo Chi­gi raccontano l’ultima tentazione: scendere in campo con una sua lista.