Attualità

Stato-mafia, Napolitano chiamato come teste

giovedì 25 settembre 2014
​Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano deporrà al processo per la trattativa tra Stato e mafia. Lo hanno deciso i giudici della Corte d'Assise di Palermo che hanno così accolto la richiesta avanzata dai pm nell'ultima udienza.Napolitano era già stato citato come teste il 17 ottobre 2013 aattraverso una lettera alla Corte d'assise aveva fatto sapere di nonavere nulla da riferire sulla trattativa. Napolitano dovrà essere sentitosulla lettera inviata nell'aprile 2012 all'allora procuratore generaledella Cassazione Vitaliano Esposito in cui si esponevano le lamenteledell'ex presidente del Senato Nicola Mancino, oggi imputato nelprocesso. Ancora da decidere la data.In assenza di una norma specifica sulla deposizione del capo dello Stato, la Corte applicherà l'articolo 502 del Codice di Procedura penale che prevede l'esame a domicilio del teste che non può comparire in udienza. Alla testimonianza, di cui ancora non è stata fissata la data, non parteciperanno né il pubblico né gli imputati, ma solo i legali e la procura. Il capo dello Stato si è detto subito disponibile a relazionare. "Prendo atto dell'odierna ordinanza della Corte d'Assise di Palermo. Non ho alcuna difficoltà a rendere al più presto testimonianza - secondo modalità da definire - sulle circostanze oggetto del capitolo di prova ammesso" ha precisato Napolitano in una dichiarazione.Non si può escludere il diritto delle parti di chiamare un testimone su fatti rilevanti per il processo solo perché il testimone ha escluso di essere informato sui fatti stessi: è questo il principio che ha spinto i giudici della corte d'assise di Palermo a respingere la richiesta dialcuni difensori di revocare la citazione a deporre del Capo dello Stato al processo sulla trattativa Stato-mafia. Alcuni legali avevano infatti preso spunto dalla lettera con cui Napolitano ha fatto sapere ai giudici di non essere a conoscenza di elementi utili al processo per chiedere alla corte di ripensarci e non ascoltare il presidente della Repubblica.Ma in un'ordinanza molto articolata la corte ha respinto la tesi dei legali.