Attualità

Pillola abortiva. Morta dopo Ru486, i Nas al Martini

Viviana Daloiso lunedì 14 aprile 2014
Omicidio colposo. È questo il reato che accompagna il fascicolo di indagine aperto dalla procura di Torino sul caso della donna di 37 anni, Anna Maria, morta la scorsa settimana dopo un’interruzione volontaria di gravidanza con la pillola Ru486. Si tratta di una semplice ipotesi di lavoro: in questo momento non ci sono indagati e nemmeno sospettati. L’autopsia, su indicazione del pm Gianfranco Colace, è stata svolta lunedì dal medico legale Roberto Testi e non ha prodotto chiarimenti significativi. Bisognerà aspettare dunque l’esito dei test istologici e tossicologici, che saranno eseguiti nelle prossime settimane.L’inchiesta è alle prime battute. Lunedì i carabinieri del Nas hanno visitato l’ospedale Martini per alcuni accertamenti: hanno acquisito la cartella clinica e ascoltato Flavio Carnino, primario di ginecologia, e Alessandro Lauricella, il medico che aveva in cura la donna. «Entrambi – spiega Paolo Simone, direttore sanitario dell’Asl 1 – hanno risposto alle domande con tranquillità. Ora aspettiamo gli approfondimenti e restiamo a disposizione: vogliamo continuare a collaborare con la magistratura e speriamo anche noi di sapere al più presto i motivi di questo decesso». Da una prima ricostruzione sembra che il protocollo sia stato rispettato salvo la somministrazione del Methergin, un farmaco utilizzato in ginecologia per ridurre le perdite di sangue e ritirato dal mercato (nella sua formula in gocce) nel 2011. D’altra parte non esistono indicazioni univoche su quali farmaci aggiuntivi possono essere dati dopo la Ru486 nel caso di emorragie e questo, senza dubbio, è un problema che ora andrà affrontato. Sembra che mercoledì scorso, subito dopo aver preso il medicinale che serve per espellere l’embrione, Anna abbia avuto dei crampi addominali violenti, quasi insopportabili. Solo a quel punto i medici avrebbero deciso di darle il Methergin. Poi la mancanza di respiro, l’embolia pomonare, i dieci arresti cardiaci: Anna se n’è andata così. «Quello che emerge da questa brutta storia è che l’aborto chimico non è sicuro – sottolinea Valter Boero, presidente del Movimento per la Vita Torino –. Certo non una novità: che l’interruzione di gravidanza con la Ru486 abbia registri un tasso di mortalità di dieci volte superiore a quello praticato chirurgicamente è un fatto noto, documentato da numerose ricerche scientifiche e ormai da anni. Il problema allora è: ma i nostri medici lo sanno? Così come la questione dei farmaci da usare e da non usare: siamo sicuri che chi opera nei nostri ospedali sia abbastanza preparato?». Il problema posto da Boero è quello della formazione e dei corsi di aggiornamento obbligatori per i medici (gli Ecm) «che a Torino, vista la mole di lavoro e la scarsità di personale, ormai in quasi tutti gli ospedali non vengono seguiti».L’altro nodo è poi quello del rispetto della legge 194: «Ora attenderemo le verifiche tecniche e scientifiche dei giudici e dei medici legali ma sarebbe corretto anche determinare se e come nel caso di Anna Maria sia stata applicata la legge 194 – continua Boero –: chi l’aveva accolta in ospedale? Quali erano le difficoltà che l’avevano portata a quella decisione? Si potevano rimuovere? Prima di una responsabilità sanitaria, quando ci troviamo innanzi a un aborto, va sempre determinata e accertata anche una responsabilità sociale: in una parola, si poteva fare di più per questa donna e per il suo bambino?». Proprio in questo senso da tre anni il Movimento per la Vita Torino organizza corsi di formazione alla maternità dedicati ai medici e alle donne all’Università.