Attualità

IL RISIKO ALLEANZE. Il premier: il Pd rinunci a Vendola «No» di Bersani

Marco Iasevoli giovedì 7 febbraio 2013
Non usa diplomazie, Mario Monti: «Bersani è interessato ad alleanze? Allora dovrà fare delle scelte interne al suo polo». Non c’è bisogno di traduzione: per governare insieme, il premier vuole che non ci sia Nichi Vendola. Una richiesta indigeribile per il segretario Pd, che rischia di indebolirlo con il suo elettorato di riferimento. E infatti la risposta è pronta e gelida: «Il mio polo è il mio polo e nessuno lo tocchi. Ho un patto con gli elettori. A partire da lì sono pronto a discutere».Il prevedibile «no» del leader Pd fotografa la volontà di entrambi i leader - dopo l’accelerazione dell’altroieri - di non forzare gli eventi prima del voto. Nel pomeriggio Monti ne dà una dimostrazione plastica, assicurando che «non c’è stato nessun accordo fra Bersani e me, nessuna conversazione in vista di alleanze. Si tratta al più di valutazioni interessanti, ma il tema è prematuro, verrà dopo le urne».Certo, le tensioni sui mercati, le minacce di rimonta più o meno veritiere di Berlusconi e l’ascesa di Grillo obbligano i due a muovere prudentemente dei passi l’uno verso l’altro. Ma nulla è già scritto, né deve a forza realizzarsi. Monti vuole garanzie sulle riforme, e se le ricevesse - fa intendere - accetterebbe anche il superdicastero dell’Economia. Bersani vuole al governo un centrosinistra integro ma aperto «alle forze alternative alla Lega e al populismo». Inevitabile aggiornarsi al 25 febbraio.Di certo i giorni da qui alle elezioni saranno all’insegna della tensione per Nichi Vendola. Il governatore pugliese si sente nel mirino, teme - dicono i suoi - «svolte realiste» nel Pd. E alza i toni. Nella stessa giornata passa dai giornali alla radio, dalla tv ai comizi. E lancia un messaggio chiaro: «Con Monti non faremo accordi né ora né dopo. Governare insieme? È fantapolitica. Siamo incompatibili, lui è l’espressione di élites tecnocratiche che pensano di comandare il mondo. Potrebbe essere ministro dell’Economia solo nell’esecutivo-Berlusconi». In serata Monti risponderà con ironia: «L’amore è una libera più scelta». Poi, più serio, ricorda che «il prossimo governo avrà un compito durissimo». Perciò «è bene che non ci siano ambiguità, perché ci vorrà unità d’intenti». Anche Bersani usa parole simili in un’altra sede, ricordando pure che l’apertura ai moderati è uno dei punti del patto con Sel.Il fatto è che sia Vendola sia Bersani avvertono il fiato sul collo di Ingroia, e temono che le fessure aperte verso il centro aprano voragini di consenso in uscita. Allo stesso modo, Casini e Montezemolo cercano di arginare l’impressione di un Monti troppo attivo nel cercare l’intesa a sinistra. «Le alleanze si fanno in funzione delle riforme, senza preclusione per nessuno», dice il leader di Italia futura rilanciando (in assonanza con Fini) l’idea di partenza del premier, ovvero riproporre una Grande Coalizione che raccolga pure il Pdl «deberlusconizzato». Anche il leader Udc sfuma: «L’ipotesi di accordo tra il Pd e Monti non esiste. Piuttosto esiste l’intezione di dialogare a 360 gradi sulle regole del gioco». Quanto a Bersani, conclude, «noto una certa divergenza tra i toni usati da lui a Berlino - dove ha aperto al dialogo, <+corsivo>ndr<+tondo> - e i toni che usa con Vendola».