Attualità

CARCERE E RISCATTO. Roma, un uliveto nel carcere minorile per combattere la recidiva

Ilaria Sesana mercoledì 9 gennaio 2013
​Nel giorno della condanna da parte della Corte di Strasburgo sulle condizioni delle carceri italiane, nell’Istituto minorile di Casal del Marmo di Roma ha messo radici un progetto per incentivare la riabilitazione e il contrasto alla recidiva. Si tratta di un uliveto biologico che sorgerà su un terreno incolto dell’Istituto grazie al progetto “Piantiamo valori” promosso e curato da Aiab (Associazione italiana agricoltura biologica) e finanziato da Lush, azienda produttrice di cosmetici naturali. I lavori (che hanno preso il via proprio nel giorno della sentenza di Strasburgo) prevedono la realizzazione di un oliveto con settanta alberi. Parallelamente, i ragazzi verranno coinvolti in un corso di formazione sul campo per la cura, la potatura delle piante e la raccolta delle olive. «Con questa iniziativa – spiega l’associazione - l’istituto minorile, che già gestisce una piccola fattoria, si doterà di una struttura produttiva che durerà nel tempo».Per i minori ristretti a Casal del Marmo, la possibilità di lavorare all'aria aperta e di imparare un mestiere rappresenta un'importante occasione di riscatto. «Prendersi cura di una pianta ha una forte valenza educativa: rende i ragazzi più responsabili, li aiuta a crescere», sottolina Daniela Caponnetti, dirigente del Centro della giustizia minorile del Lazio.«Il progetto è frutto di un’interessante sinergia tra associazioni, istituzioni e imprese private a sostegno di obiettivi sociali - spiega Alessandro Triantafyllidis, presidente di Aiab -. E si inserisce in un quadro più ampio dell’iniziativa di Aiab sull’agricoltura sociale che rappresenta, oltre ad un’occasione di diversificazione e innovazione dell’attività agricola, anche l’espressione piena del valore civico, sociale ed ambientale dell’agricoltura biologica».Da diversi anni, infatti, l'associazione è impegnata a promuobere la crescita dell'agricoltura biologica nelle colonie e negli istituti penitenziari «nella convinzione della grande efficacia del lavoro agricolo anche a fini riabilitativi e del contrasto alla recidiva».