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Il tema. Migranti, è vero che le navi delle Ong fanno aumentare gli sbarchi? No...

Antonio Maria Mira mercoledì 16 novembre 2022

A bordo della Geo Barents si attende di scendere

“La presenza delle navi delle Ong fa aumentare gli sbarchi sulle coste italiane”. È una delle frasi più ripetute da esponenti del governo e della maggioranza di centrodestra per colpevolizzare le organizzazioni umanitarie. E lo ha sostenuto anche il ministro Piantedosi parlando di “un fattore di attrazione” durante la sua informativa alle Camere.

Ma è vero l’esatto contrario. Da quando le Ong sono state bloccate dal ministro dell’Interno, gli immigrati sbarcati sono quasi raddoppiati. Lo rivelano proprio i dati ufficiali di Viminale, il cosiddetto “cruscotto giornaliero”.

Prendiamo in esame gli ultimi due mesi. Dall’1 al 24 ottobre, giorno dell’intervento del ministro Piantedosi, con le imbarcazioni delle Ong in mare, sono sbarcate 7.244 persone. Dal 25 ottobre a oggi ne sono sbarcate 13.703 (mancano ancora alcune centinaia sbarcate negli ultimi due giorni). Tutto questo senza imbarcazioni delle Ong. E in meno giorni. Con un ritmo di arrivi che non accenna a calare, soprattutto a novembre, con sbarchi giornalieri mai inferiori a 400, col picco il 3 e il 14 con 938 e 1.258. Nello stesso periodo 24 ottobre-15 novembre, del 2021 erano sbarcate 6.413 persone. E allora le Ong operavano.

Piantedosi nel suo intervento ha affermato che dall’1 gennaio 2021 al 9 novembre 2022 le Ong hanno portato sulle coste italiane 21.046 migranti, di cui 9.956 nel 2021 e 11.090 nel 2022. Vero ma per il 2021 rappresentano il 14% del totale degli sbarchi e per il 2022 l’11%. Dunque addirittura un calo, mentre cresce il totale degli sbarchi. Ma sono sbarchi autonomi o soccorsi da Guardia costiera, Guardia di Finanza e navi mercantili di varie nazionalità. Anche questi sono dati ufficiali del Ministero.

Un’ulteriore conferma arriva dall’ultimo rapporto di Frontex. Nei primi dieci mesi del 2022 gli arrivi di immigrati rilevati ai confini esterni dell’Ue sono stati circa 275.500, in aumento del 73% rispetto ai primi dieci mesi del 2021. La rotta più attiva è quella dei Balcani Occidentali, dove si sono registrati 128.438 attraversamenti, in aumento del 168%. Una rotta terrestre, dove, ovviamente, non ci sono le Ong. E un fortissimo aumento ha avuto anche la rotta del Mediterraneo Orientale (dalla Turchia o dalla Libia orientale), con 35.343 arrivi (+122%). E anche qui non operano le Ong, ma solo le imbarcazioni della Guardia costiera e della Gdf. Mentre la rotta del Mediterraneo Centrale, quella che porta a Lampedusa e dove operano le Ong, pur essendo la seconda in numero assoluto con 79.140 rilevamenti è cresciuta “solo” del 48%.

Ma dove finiscono tutti questi immigrati? Come confermato anche per gli ultimi sbarchi in Calabria dalla rotta turca (ma anche per quelli in Puglia), gran parte delle persone, soprattutto afghani, curdi, siriani, non fanno domanda d’asilo e accettano tranquillamente il decreto di respingimento, anche se avrebbero sicuramente diritto alla protezione internazionale, perché vengono da Paesi in guerra o dove dominano violenza e persecuzione. Ma non vogliono restare in Italia. Per loro è solo luogo di sbarco e di transito per poi raggiungere il Nord Europa, soprattutto attraverso il confine italo-francese. Un percorso in aumento.

La prova ce la fornisce Martina Cociglio, operatrice legale del servizio della Diaconia valdese che partecipa, con altre organizzazioni, al progetto Open Europe, sulle tre frontiere, quella di ingresso di Trieste e quelle in uscita di Ventimiglia e Oulx in Val di Susa. A settembre su 391 persone contattate 59 venivano dalla rotta turca, 309 da quella balcanica, 11 da quella libica, 7 da quella tunisino-algerina. E questo spiega perché 268 fossero afghani, seguiti da 45 iraniani e 33 marocchini. Ben 14 le famiglie con figli, anche molto numerose, e in gran parte afghane, 4 quelle senza figli, 69 i minori non accompagnati (66 afghani). A ottobre calano le persone contattate che sono state 232, ma non la provenienza: 165 dalla rotta balcanica, 33 da quella turca, 18 da quella libica, 7 da quella tunisino-algerina. La maggioranza restano gli afghani, con 120 persone, seguiti da 34 iraniani, 28 marocchini, 7 del Burundi e 6 siriani. E in gran parte afghane le 9 famiglie con figli, le 8 senza figli, e i minori non accompagnati (20 su 22).

I dati di novembre fino al 15 segnalano un aumento considerevole degli arrivi dalla rotta turca. Su 172 contattati 74 venivano dalla rotta balcanica, 64 da quella turca, 25 da quella libica, 5 da quella tunisino-algerina. Quanto alle nazionalità 66 erano afghani, 37 iraniani, 24 marocchini, 6 turchi. Otto le famiglie con figli (anche con mamme incinte e bimbi molto piccoli), 5 quelle senza figli, 10 i minori non accompagnati. Tra di loro anche un gruppo proveniente da due sbarchi del 29 ottobre a Santa Maria di Leuca la cui storia Avvenire aveva raccontato.