Attualità

Emergenza sbarchi. L'Europa arretra: sbarre e non quote

mercoledì 24 giugno 2015
Non sarà facile per Matteo Renzi la partita sull’immigrazione oggi al Consiglio Europeo, oltretutto complicata dalla situazione sempre più tesa in Ungheria. Budapest, che ha visto un forte aumento dei flussi migratori provenienti dai Balcani, ha annunciato e poi ritrattato di voler sospendere il regolamento di Dublino sui richiedenti asilo, rifiutando di riprendersi i migranti passati per il suo territorio. «L’Ungheria non sospenderà l’applicazione di alcuna norma comunitaria» ha assicurato, alla fine, il ministro degli Esteri Peter Szijjarto ieri, dopo che l’Austria aveva minacciato di ripristinare i controlli alle frontiere ungheresi, e anche il primo vicepresidente della Commissione Europea Frans Timmermans aveva lanciato un «appello a tutti i paesi Ue perché rispettino le regole che essi stessi hanno deciso».Il caso ungherese segnala quanto il fronte sia caldo, mentre resta la spaccatura tra i leader sulla volontarietà od obbligatorietà delle quote di ripartizione dei migranti. Nell’ultima bozza di conclusioni del summit, circolata ieri sera a Bruxelles, si specifica che «tutti gli stati membri parteciperanno» al meccanismo di ricollocamento di 40.000 richiedenti asilo da Italia e Grecia, pur ribadendo che starà poi anche qui a «tutti gli stati membri» di «concordare entro la fine di luglio sulla distribuzione di queste persone». Evitato scrupolosamente qualsiasi riferimento all’obbligatorietà, molti danno per scontato che le chiavi di ridistribuzione fissate dalla Commissione o cadranno o comunque dovranno essere modificate. Quadrare il cerchio per i ministri dell’Interno non sarà facile, tanto più che Francia e Germania appaiono molto più interessate all’aspetto dei rimpatri dei migranti irregolari che non hanno diritto all’asilo. L’idea, condivisa da tutti, è un sistema europeo di rimpatri, «la Commissione - si legge nella bozza - indicherà entro luglio 2015 come Frontex porterà sostegno immediato agli stati in prima linea per i rimpatri». Nel testo inoltre si afferma che la Commissione provvederà alla «creazione di una lista Ue comune di paesi sicuri (non Ue, ndr)» per limitare gli aventi diritto all’asilo. Bruxelles dovrà inoltre redigere entro luglio una tabella di marcia per la creazione in Italia e Grecia degli hotspot, i centri di identificazione dei migranti con l’ausilio di funzionari di altri stati membri e dell’Ue. È prevista, se necessario, la detenzione fino a un massimo di 18 mesi se risultano migrati illegali. Non semplifica la cosa il fatto che il presidente del Consiglio Europeo, l’ex premier polacco Donald Tusk, si sia schierato contro l’obbligatorietà delle quote di ridistribuzione. Fonti Ue ben informate ieri spiegavano che per il presidente «era stato chiaro fin dal mese di aprile che il sistema delle quote obbligatorie non avrebbe avuto il via libera degli Stati», citando 12-13 Paesi contrari a quote obbligatorie, 12 disponibili ma chiedendo modifiche ai parametri. Per Tusk, aggiungono, però «la volontarietà non può essere una scusa per non fare niente». «La Commissione difenderà fermamente la sua proposta sull’immigrazione – ha replicato Timmermans – che è ciò che serve a garantire un giusto equilibrio fra i principi di solidarietà e responsabilità». In realtà l’obiettivo è "sfumare" il dibattito tra obbligatorietà e volontarietà, essenziale, spiegavano ancora le fonti Ue, è evitare «l’impressione che sia Bruxelles a imporre quote agli stati membri. D’altronde quel che conta è che si aiuti l’Italia e la Grecia, il resto è secondario». Con il trucco di cercare l’accordo "volontario" alla partecipazione alla ridistribuzione, alla fine, sostengono varie fonti diplomatici, si potrà convincere tutti a partecipare – furiosamente contrari sono ormai solo Slovacchia e Repubblica Ceca.C’è però da risolvere il problema Budapest, che si sente discriminata a favore dell’Italia e della Grecia: secondo Eurostat nel primo trimestre 2015 l’Ungheria ha avuto 32.810 richieste di asilo contro le 15.245 italiane. Budapest ha scritto una lettera a Tusk segnalando lo "sbilanciamento" verso il Mediterraneo e avvertendo che molti dei migranti giunti in Ungheria attraverso i Balcani sono passati per la Grecia. «Il dibattito in corso in Italia e Ungheria – diceva ieri un ambasciatore di un importante paese –  mostra che è necessaria una risposta europea più solida». A rischio è il sistema Schengen delle frontiere aperte.