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Migranti. L'odissea dei mille sulle navi delle ong, tra ispezioni e soccorsi selettivi

Nello Scavo sabato 5 novembre 2022

A bordo della Humanity 1

In italiano si chiama «Umanità», ed è tenuta alla larga. Per decreto. Il governo Meloni ha deciso, ricalcando i passi del primo esecutivo Conte, che le navi del soccorso civile nel Mediterraneo non devono assicurare le cime alle banchine nazionali, tra cui la “Humanity 1” con un centinaio di bambini e ragazzini non accompagnati a bordo. A poca distanza altre tre navi con un totale di circa mille persone, mentre nessun ostacolo è stato opposto a una petroliera che ha effettuato due soccorsi e rapidamente sbarcato i superstiti in Sicilia.

Anche se questa sera è arrivata l’autorizzazione all’ingresso (ma non allo sbarco) nel porto di Catania, il ministro dell'Interno Piantedosi è stato categorico: «Le persone che hanno i requisiti possono scendere, ci facciamo carico di ciò che presenta problemi di ordine assistenziale e umanitario senza derogare al fatto che gli obblighi di presa in carico competono allo Stato di bandiera».
Una versione che sta preoccupando non poco anche le autorità marittime italiane, che temono di trovarsi trascinate in qualche altro guaio giudiziario per non aver dato seguito, se non allo sbarco, quantomeno al trasbordo dei migranti. «Il richiamo alle esigenze di sicurezza francamente appare scomposto - dice ad Avvenire una fonte dell’ammiragliato -, quando migliaia sbarcano autonomamente o da mercantili senza che nessuno si sogni di fare un controllo preventivo in mare».

Germania e Norvegia hanno respinto questa teoria sostenendo che non vi sia alcun appiglio giuridico. «La Norvegia non ha alcuna responsabilità ai sensi delle convenzioni sui diritti umani o del diritto del mare - si legge in una precisazione del ministero degli esteri di Oslo - per le persone imbarcate a bordo di navi private battenti bandiera norvegese». Mercoledì era stata l'ambasciata tedesca a esortare l'Italia a fornire rapidamente assistenza, ribadendo che le navi delle Ong «hanno dato un importante contributo al salvataggio di vite in mare».
Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ha dichiarato venerdì in una conferenza stampa che la nave “Humanity 1”, battente bandiera tedesca, con 179 persone, tra cui più di 100 minori non accompagnati, si stava dirigendo verso la città di Catania, avvertendo che il natante avrebbe potuto fermarsi solo in rada, per ripararsi dalla tempesta in arrivo mentre le autorità sanitarie avrebbero verificato i casi più seri per facilitarne lo sbarco a terra. Petra Krischok, portavoce dell’Ong tedesca “Sos Humanity”, ha spiegato che «un quarto del gruppo si è ammalato e riporta sintomi influenzali». L’ambasciata norvegese è stata chiara: «La responsabilità primaria di coordinare il lavoro per garantire la sicurezza delle persone soccorse» in mare è dello «Stato responsabile dell'area di ricerca e soccorso». In questo caso la Libia, che però non è riconosciuta dalle Nazioni Unite quale «luogo sicuro di sbarco». Ne consegue che «anche gli Stati costieri limitrofi hanno una responsabilità in tali questioni», ha dichiarato la rappresentanza di Oslo. E gli Stati vicini sono Malta e Italia.

I precedenti tentativi di applicare divieti ai naufraghi sono stati poi sconfessati dalle varie giurisdizioni italiane e internazionali. Il nuovo decreto del governo reca, oltre alle firme di Piantedosi e del titolare della Difesa Crosetto, quella di Matteo Salvini, artefice dei decreti sicurezza ampiamente smontati nei tribunali proprio nella parte riguardante l’accesso delle navi di soccorso nei porti italiani. In un caso Salvini è finito a processo e tra i testi in suo favore figura, allora in veste di suo capo di gabinetto, proprio l’attuale ministro degli Interni Matteo Piantedosi. Il timore di alcuni alti ufficiali delle autorità marittime italiane è quello di vedersi trascinati in un braccio di ferro con scopi non dichiarati.
«La linea intrapresa – osserva l’ammiraglio contattato da Avvenire – può avere ricadute proprio nel processo Open Arms, perché se il Tar stavolta desse ragione all’attuale governo, Salvini potrebbe rafforzare le sue tesi difensive». Il decreto è destinato a infrangersi, anche perché «cita il Regolamento europeo 1624 del 2016 che è stato abrogato nel 2019 - spiega il giurista Fulvio Vassallo Paleologo - e non fa invece riferimento al Regolamento 656 del 2014 che richiama in modo cogente gli obblighi di soccorso a carico degli Stati previsti dal Diritto internazionale e il principio di non respingimento previsto dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati e dall'articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea».

La situazione a bordo delle navi è difficile, come può esserlo dopo dieci giorni in mare, non proprio d’estate, e dopo i mesi passati nei campi di prigionia libici. «La loro sofferenza aumenta di ora in ora. L’incertezza sui tempi e i luoghi dello sbarco e l’impossibilità di accedere all’iter per chiedere protezione internazionale non fanno che aumentare il disagio», racconta Riccardo Gatti, capo missione di Medici senza frontiere a bordo della Geo Barents: «Stanno per finire le scorte di cibo e acqua ed entro pochi giorni non ci sarà più da mangiare». Oltre alla nave di “Medici senza frontiere”, alla “Ocean Viking” e alla “Humanity 1”, c’è anche la “Rise Above”, con 90 naufraghi.

Intanto due navi, non di Ong, con a bordo complessivamente 147 migranti e due cadaveri sono arrivate nel porto di Augusta, nel Siracusano. Sono la francese Jean Francois Deniau, dell'assetto Frontex, che ha soccorso 88 persone, e la petroliera Zagara che, in due operazioni, ha messo in salvo 59 migranti, recuperando anche due corpi. Nelle stesse ore altri 81 migranti sono sbarcati autonomamente a Roccella Ionica.

La nave “Humanity 1” vive ore drammatiche. Raccontano gli operatori umanitari: «L'approvvigionamento alimentare adeguato è limitato nel tempo: due pasti caldi possono essere forniti solo per altri tre giorni».
Le reazioni politiche non mancano, con il Pd che chiede l’assegnazione urgente di un porto.
A complicare le cose per il governo italiano c’è un’altra circostanza. Il team medico a bordo della Ocean Viking, nave di “Sos Mediterranée”, è costituito da una équipe della Federazione internazionale della Croce rossa. Ed è davvero ardito sostenere che perfino la Croce rossa stia violando il diritto internazionale.