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Migranti. Fini: «La mia legge va cambiata e a Salvini dico "i comizi non servono"»

Massimo Chiari mercoledì 20 settembre 2023

L'ex presidente della Camera Fini con il ministro dell'Interno Piantedosi

«La legge che porta la mia firma e quella di Umberto Bossi va cambiata...». Gianfranco Fini, ex presidente della Camera, ma soprattutto padre politico di Giorgia Meloni, invita a superare la "sua" Bossi-Fini. «... Aveva la stessa impostazione della Turco-Napolitano: il migrante economico ha diritto di permesso solo se ha un contratto di lavoro. Vent'anni dopo è cambiato tutto il panorama internazionale e il fenomeno migratorio si è trasformato. Oggi riguarda centinaia di migliaia di persone ed è dovuto a grandi fattori economico-sociali...». Per Fini «bisogna agire in un contesto sovranazionale. La mia legge prevedeva quote di ingresso regolari: portò a una sanatoria di centinaia di migliaia di migranti. Questo è il modello da seguire». Per l'ex inquilino di Montecitorio la «politica dovrebbe fare un ragionamento più ampio rispetto alla battuta giornaliera del blocco navale tipica di una campagna elettorale». Anche perchè fino a quando si continuerà a ragionare secondo la logica degli Stati nazionali non si troverà una soluzione. Nessuno vuole prendersi parte dei migranti. La campagna resta permanente in vista delle elezioni europee. Cresceranno forme di xenofobia e disagio sociale». Fini poi si sofferma sui protagonisti del governo. A cominciare dalla premier Giorgia Meloni «Sta facendo il massimo e sta ottenendo il massimo in sede europea. Basti vedere al rapporto con Von der Leyen. Salvini? Il governo non è diviso. Ma quello di Salvini è un comizio, un tweet: sono affermazioni eccessive tipiche della campagna elettorale. Ho invece apprezzato quello che ha detto Tajani quando chiede un coinvolgimento globale anche dell'Onu: le risposte possono essere solo sovranazionali, coordinate in sede europea e a livello internazionale. Qualcuno in Italia pensa di affrontare la cosa in maniera risoluta, ma sui migranti non si può dire né di stare a casa loro, né accogliamoli tutti».