Attualità

La partita Italia/Unione europea. Renzi: «La Ue ha bisogno di noi, ci ascolterà»

Arturo Celletti sabato 15 marzo 2014

«Il governo tedesco è consapevole dell’am­bizioso progetto di riforme del governo italiano». Per qualche secondo Matteo Renzi riflette in silenzio sulle dodici parole di Steffen Sei­berg, il portavoce di Angela Merkel, che alle 11 e 50 rim­balzano da Berlino. Un sorriso compiaciuto 'taglia' il volto del premier. «Ambizioso. Un ter­mine non casuale: l’Italia vuo­le fare riforme che restano. Riforme vere. Non operazioni elettoralistiche. Non misure u­na tantum». Una pausa legge­ra, poi quel ragionamento va avanti lun­go un corridoio del Quirinale dove Gior­gio Napolitano ha chiamato mezzo go­verno per fare il punto in vista del Consi­glio europeo di giovedì prossimo. «L’Eu­ropa ci ascolterà, troveremo le porte a­perte », ripete sottovoce Renzi. Poi senza cambiare tono aggiunge: «È l’Europa che ha bisogno di noi, non il contrario. Lo di­co con rispetto, ma anche con la consa­pevolezza che quello che diamo all’U­nione è più di quello che riceviamo in­dietro ». Dietro le parole del capo del go­verno prende forma una strategia pensa­ta con un obiettivo preciso: ottenere fles­sibilità, convincere prima Berlino e poi la Ue che l’Italia per ripartire ha bisogno di più margine sull’indebitamento. Nel pranzo al Quirinale l’unico vero tema sembra il dramma Russia-Ucraina e le possibili ripercussioni sulla stabilità del­la Ue. Il confronto economico vero va in scena in un secondo momento quando con Giorgio Napolitano restano il presi­dente del Consiglio e il ministro dell’Eco­nomia. Il capo dello Stato è con Renzi, ma invita a usare la massima attenzione alla «soglia invalicabile» del 3 per cento. «So­no con te, ma mi raccomando: niente az­zardi ». Il premier annuisce: «Rispetteremo i patti, ma i soldi ci sono e vanno fatti frut- tare, vanno investiti strategicamente». Non va oltre Renzi, ma premier-Colle-Tesoro hanno un piano comune: esiste u­na terza via tra l’austerity e lo sforamen­to dei conti. Insomma, ora dopo ora, cre­sce la fiducia nel fatto che quei decimali che separano l’attuale 2,6 dal tetto del 3 per cento (alla fine sarebbero 6,4 miliar­di) potranno, anzi dovranno, essere uti­lizzati. A via XX settembre, nella roccaforte dell’Economia, sono tutti concentrati sul taglio delle spese (l’oramai nota a tutti spending review). «Si deciderà solo in un secondo momento - ragiona il ministro Padoan con i collaboratori più stretti ­se utilizzare uno 0,1 o uno 0,3». Ma una cosa è chiara a tutti: il «cuneo fiscale non si finanzia con il deficit». Questo l’Euro­pa non lo consentirebbe mai e questo Renzi non vuole farlo.La grande partita Italia-Ue sta per entrare nel vivo. Oggi Ren­zi vedrà Hollande, lunedì vo­lerà a Berlino, giovedì e venerdì sarà a Bruxelles per il consiglio europeo. Si parte insomma da Parigi. Italia e Francia – spie­gano fonti diplomatiche – so­no in situazioni molto simili, devono rispettare i conti ma senza creare attriti sociali. Cercheranno di affinare l’intesa e forte di questa faran­no pressione sulla Germania: rigore sì ma a lungo termine, sul breve bisogna tene­re conto delle emergenza dei Paesi. L’as­se Parigi-Roma è forte. «Sull’agenda eu­ropea soprattutto economica, per i gio­vani e la crescita l’Italia ci troverà al suo fianco nel semestre di presidenza Ue», as­sicura il ministro francese per gli Affari europei, Thierry Repentin. È una marcia forzata per far passare la linea dell’Italia. Oggi Hollande, il 20 marzo, proprio prima del vertice dei capi di Stato e di governo della Ue (che potrebbe trasformarsi in u­na nuova riunione fiume sull’Ucraina), il 'faccia a faccia' con il presidente della Commissione europea Josè Manuel Bar­roso. Ma è il vertice di Berlino quello che conta di più. Renzi lunedì sarà da Angela Merkel per portare a casa un prima via li­bera alla richiesta di flessibilità. «Ci a­scolterà e capirà. Noi ci presenteremo con un pacchetto di riforme che non si vedo­no da anni. La nostra non sarà una ri­chiesta di clemenza, ma spiegheremo con decisione che il lavoro fatto da Letta ci consente di investire. È così: quel rispar­mio dovrà essere utilizzato per crescere e alla fine credo che sarà così».