Attualità

Verso il voto europeo. Le grandi manovre di Meloni per sedersi al tavolo di chi decide

Arturo Celletti martedì 4 luglio 2023

La parola d'ordine che da Palazzo Chigi rimbalza a Bruxelles e a Strasburgo è una sola: prima del voto europeo c'è solo una linea possibile: denunciare il matrimonio «contro natura» tra Ppe e Pse e per dirla con Lucio Malan - il capo dei senatori di Fratelli d'Italia - «traslare il modello Italia, con la sua solida maggioranza di centrodestra, anche in Europa». È una strada obbligata. Quelli che ci separano dal voto europeo saranno mesi di campagna elettorale. Mesi dove bisognerà alzare i toni. Giorgia Meloni sa che la prospettiva di un’alleanza tra popolari e tutta la destra non c'è. Anzi è proprio Meloni a non volerla e chi la conosce bene sa che non è rimasta né stupita né infastidita dal secco no di Antonio Tajani a qualsiasi ipotesi di alleanze con Marine Le Pen e con i tedeschi di Afd. Parallelamente, anche l'intesa con i soli Conservatori appare sempre più impraticabile. Dal punto di vista politico e dal punto di vista numerico. Il gruppo Ecr (Conservatori e dei riformisti europei) del Parlamento europeo (Meloni è stata da poco confermata alla presidenza) ha organizzato da oggi al 6 luglio ha organizzato a Varsavia una "due giorni" di studio. Meloni ci sarà, ma nessun nodo verrà sciolto. Proviamo a capire partendo da venti parole "rubate" a Andreas Schwab, Cdu, a Bruxelles dal 2004: «Meloni? Come presidente del Consiglio, in chiave europea, ci sarebbe poco da contestarle, Mes a parte... È come leader di Ecr che insomma…». Ecco il nodo. Il problema sta lì: nei compagni di viaggio che il premier italiano dovrà abbandonare, se vuole conquistarne di nuovi, e più importanti. Solo che di quel partito guardato in Europa con così tanto sospetto, i Conservatori, lei è presidente e lasciarli non sarà facilissimo.

Uno strappo a stretto giro, ossia prima del voto del prossimo anno, è da escludere. Ma dopo? Dopo sarà Meloni a dover scegliere. Quello che sarà il discrimine della prossima legislatura europea il presidente del Ppe Weber lo indica così: Costruttivi contro Distruttivi”. Dove starà Fratelli d'Italia? Stefano Ceccanti ieri deputato del Pd e oggi uno dei costituzionalisti più lucidi ci "regala" nuovi elementi. Uno: è impossibile che il prossimo presidente della Commissione Ue sia scelto contro la volontà del Cancelliere tedesco e del Presidente francese che sono determinanti in sede di Consiglio. Due: «Il presidente del Consiglio italiano può certo far valere la propria voce, ma insieme agli altri, non contro. Tutto porta quindi a un limitato allargamento della maggioranza Ursula». Meloni con Ppe e Pse per decidere il nuovo premier europeo? E magari per dare via libera a un Ursula bis? Meloni si chiude la bocca, ma Malan qualcosa lascia capire: «Rispetto alle diverse posizioni di Tajani e Salvini sulle alleanze non è necessario accapigliarsi prima su qualcosa che non sappiamo neppure bene come andrà. Una volta che si sarà consolidato il risultato elettorale, allora cominceremo a parlarne. Ora come ora, è tutto prematuro, anche prendersela per qualcosa che è solo una visione di prospettiva». Si prende tempo e intanto si ripete il ritornello: l'obiettivo di Giorgia Meloni è costruire una maggioranza come quella italiana. Lo dicono a Roma e lo ridicono a Strasburgo: costruire in Europa una maggioranza che vede popolari e conservatori nella stessa coalizione, proprio come qui da noi? «È esattamente il "modello Meloni" a cui stiamo lavorando da tempo», spiega Carlo Fidanza, capo delegazione di Fratelli d'Italia a Strasburgo. Ma la seconda parte del ragionamento di Fidanza è più interessante: «Abbiamo numeri destinati a crescere ovunque, in ogni elezione nazionale svoltasi in Europa negli ultimi mesi il centrodestra ha vinto. È chiaro che l'asse popolari-socialisti non regge più e anche molti liberali sono insofferenti... Vedremo i numeri alla fine. Una cosa è certa: Giorgia Meloni, come capo del governo italiano e leader dei Conservatori europei sarà al tavolo da protagonista assoluta». Ecco il punto. Aspettare il voto. Vedere i numeri. E non rinunciare a giocare ogni partita per sedersi al tavolo di chi decide.