Attualità

L'INTERVISTA. Mauro: «Amnistia o indulto come per la fine della guerra»

Angelo Picariello giovedì 22 agosto 2013

​Il nodo dell’agibilità politica di Silvio Berlusconi «va risolto politicamente, non per via giudiziaria. E con un provvedimento generale, non individuale». L’idea di Mario Mauro è ardita: «Amnistia e indulto», come ai tempi della guerra, «perché la nostra è un’emergenza sul piano economico anche più complicata». Il ministro della Difesa inizia il suo ragionamento in un salottino del Meeting, dove è venuto a parlare di missioni di pace. Ma ce n’è una, difficile, anche sul versante interno, e Mauro schiera Scelta civica come forza di interposizione fra Pd e Pdl che sono a un passo dalla rottura: «L’Italia è nei guai. Perciò è nato questo governo di natura eccezionale...». L’intervista si interrompe, all’altro capo del telefono è Angelino Alfano, in procinto di recarsi a Palazzo Chigi da Enrico Letta. Dieci minuti di telefonata, poi il colloquio può riprendere.Che cosa sente di dire a Pd e Pdl?Che le ragioni che ci hanno messo insieme sono ora più valide: interrompere questa collaborazione porterebbe al collasso la nostra economia.Ma la trattativa non decolla, come se ne esce?Esiste o no, mi chiedo, un problema giustizia in Italia, o riguarda solo Silvio Berlusconi? Esiste eccome, mi pare, ce lo ricorda anche la Corte di Strasburgo....Riforma della giustizia, quindi. Ma lo scoglio della Giunta delle elezioni del Senato rischia di far deflagrare lo scontro.Non possiamo far diventare il Parlamento il quarto grado di giudizio, non può essere questa la soluzione.E quale allora?Una soluzione politica è quella che io propongo: amnistia e indulto. Come nel dopoguerra, con l’amnistia Togliatti. Ricordo poi il caso del partigiano comunista pluri-omicida Francesco Moranino, per il quale ci fu bisogno di una seconda amnistia, nel 1968, e divenne anche parlamentare.Ma lì si usciva da una guerra, qui il caso è diverso.Stando agli indicatori economici, la situazione è anche più difficile di allora. Chiudere quasi 20 anni di contrapposizioni che ci hanno portato a questa situazione è interesse di tutti.Di questa proposta ha parlato anche ad Alfano?Su questo mi permetto di non rispondere.Ma la strada dei rilievi di costituzionalità sulla legge Severino può esser perseguita?Non è questa la strada. Senza entrare nel merito giuridico, serve - ripeto - una soluzione politica generale, non giuridica e ad personam. Una strada illusoria coltivata troppe volte dal Pdl.Perché il Pd dovrebbe accettare?Perché in questo modo avrebbe l’opportunità di far comprendere che il futuro e l’occupazione dei nostri figli e nipoti costituisce un punto di riferimento molto più serio di una contrapposizione rovinosa e fine a se stessa.Il Pdl concede dieci giorni di tempo.La strada degli ultimatum non danneggia solo il Paese, ma Berlusconi stesso, non credo siano notizie fondate. Ho l’impressione che ci siano persone che vogliono la guerra, in quanto esistono solo se c’è la guerra. Non credo che sia interesse di nessuno andar dietro ai loro ultimatum.Ma nel governo c’è fiducia di andare avanti? Si parla di possibili dimissioni dei ministri pdl.C’è in tutti noi la consapevolezza della missione gravosa da svolgere, di mettere il Paese in sicurezza e voglia di andare avanti. Una consapevolezza che non è scalfita da questi conflitti, spesso amplificati dai giornali.Ma il 9 settembre si avvicina, in Giunta per le elezioni qualcosa si dovrà decidere.Non serve l’attesa spasmodica del giorno del giudizio. Serve forse a vendere alcune copie di giornali in più per qualche giorno, ma nulla più.Neanche la nota del Quirinale, però, ha sbloccato la situazione. Perché essere ancora ottimisti?Non si tratta di essere ottimisti o pessimisti. Non ci si può far guidare dall’umore, nella situazione in cui siamo, ma dal giudizio e dall’azione.