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IL CASO. Marò, il governo cerca nuova «exit strategy» I familiari: fiducia nelle istituzioni. Ma basta parole

Vincenzo R. Spagnolo giovedì 28 marzo 2013
Stiamo lavorando ad una soluzione, ma è presto per parlarne...». Con l’abituale prudenza dei veterani della diplomazia internazionale, il neo-viceministro degli Esteri, Staffan De Mistura congeda i cronisti mentre percorre a lunghi passi il Transatlantico per raggiungere i colleghi del governo. La linea della prudenza, dopo la poco felice sovrapposizione mediatica degli ultimi giorni, è auspicata dal Quirinale e perseguita dalla Farnesina per sbrogliare quell’intricata matassa diplomatico-giudiziaria che è ormai diventata la vicenda dei due marò del Reggimento San Marco, tornati in India per far fronte ad un processo penale con l’accusa di aver ucciso, scambiandoli per pirati del mare, due inermi pescatori indiani, Valentin Jalestin e Ajesh Binki. Ma la cautela, anticipa il premier uscente Monti in Parlamento, non deve essere scambiata per ignavia: «Pur con la prudenza che deve accompagnare qualsiasi valutazione, negli ultimi giorni abbiamo avviato un dialogo politico» con l’India, per favorire «un percorso verso una soluzione rapida, reimpostando l’itinerario» della vicenda. Quale sia l’exit strategy alla quale le feluche italiane stanno lavorando, non è dato sapere, ma Monti delinea il quadro di relazioni economiche e politiche in cui essa dovrà necessariamente incastrarsi: dal febbraio del 2012 «abbiamo protestato con fermezza per il vulnus inferto», ma «sussistevano rischi seri e oggettivi che l’Italia si trovasse isolata nella comunità internazionale e che si aprisse una crisi di grave proporzioni con l’India». E non solo: «Abbiamo avuto notizia dal viceministro De Mistura che in sede di vertice dei Brics (l’acronimo che designa i Paesi emergenti Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, ndr) era iniziata ad essere presa in considerazione l’opzione di misure nei confronti dell’Italia». Una spada di Damocle sui rapporti commerciali e sull’export del nostro Paese che sarebbe meglio evitare. Ciononostante, Monti respinge «con forza qualsiasi illazione su possibili scambi o accordi riservati» con l’India o sul fatto che «interessi economici» abbiano «influenzato» finora l’operato del governo.Sul piano giudiziario, l’obiettivo potrebbe essere quello di un processo rapido con pena da scontare in Italia: la «sezione 29» del Codice di procedura penale indiano autorizza un tribunale ad hoc, come quello che potrebbe giudicare i due militari, ad emettere «qualsiasi sentenza autorizzata dalla legge, eccetto quelle che prevedano la pena di morte o l’ergastolo». Dalla Puglia, dove vivono le famiglie dei due marò, Vania Ardito, moglie di Girone, e Franca Latorre, sorella di Massimiliano, ripetono: «Abbiamo fiducia nelle istituzioni. Non ci interessano le questioni politiche, speriamo in una soluzione rapida della vicenda. Abbiamo già patito per 13 mesi. Ci sono figli che reclamano i loro papà». Una «soluzione rapida» dunque, come quella promessa ieri dal premier uscente Monti: «Siamo dimissionari, è vero, e tutto sta cambiando. Ma continueremo a prodigarci per la loro sorte...».