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Intervista. «La Chiesa può fare molto contro le mafie»

martedì 18 marzo 2014
L'incontro di Papa Francesco con le famiglie delle vittime di mafia, venerdì pomeriggio in una parrocchia romana, è un appuntamento importante per Maria Falcone, la sorella del grande magistrato antimafia trucidato con la moglie, il giudice Francesca Morvillo, a Capaci. "Sarò a Roma per partecipare con Papa Francesco alla Veglia di preghiera per i familiari delle vittime innocenti delle mafie, organizzata da Libera, con lo spirito di una cattolica che vuole trovare un momento di riflessione per la propria vita, anche se è stata una vita travagliata", promette la signora Falcone intervistata dalla Radio Vaticana nella sua qualità di presidente della Fondazione intitolata ai due suoi congiunti."L'impegno della Chiesa su questo fronte - afferma - è fondamentale. Sappiamo quanto la religione possa fare, anche a livello educativo, per diffondere certi valori. Se sono importanti i valori civili della democrazia e della legalità, lo sono anche quelli spirituali che spingono ad avere con gli altri un rapporto 'non corrotto'", come chiede Francesco. Per Maria Falcone "è importante che gli uomini di Chiesa ribadiscano la 'scomunica' dei mafiosi". "Ho incontrato Giovanni Paolo II nel '93, quando venne ad Agrigento e pronunciò il suo indimenticabile monito contro i mafiosi nella Valle dei Templi, un anno dopo la morte di mio fratello Giovanni", racconta la signora Falcone alla Radio Vaticana. "Come cattolica praticante, incontrare di nuovo un Pontefice mi provoca - confida - una grande emozione e mi spinge a una profonda riflessione. Come credente mi spinge a far sì che il dolore subito non si tramuti in odio, ma in voglia di riscatto". Per le famiglie delle vittime sarà anche "un'occasione per confermare il nostro impegno a continuare lavorare, nella scia di Giovanni, per contrastare, dal punto di vita civile la mafia e quindi individuare i principali responsabili dell'organizzazione". Mentre "dal punto di vista religioso sarà invece forse un'occasione per tornare a confrontarci con il 'nodo' del perdono con cui si confrontano coloro che subiscono un dolore del genere".In proposito, nell'intervista Maria Falcone ringrazia i suoi genitori per averle trasmesso "una fede forte che mi ha permesso di sopportare ed andare avanti". "Io - assicura - non sento odio verso chi ha ucciso Giovanni. Ma il perdono è qualcosa che deve nascere attraverso una relazione. Non penso che a Totò Riina, Provenzano e agli altri interessi il mio perdono. Ma se qualcuno di loro me lo chiedesse, come occasione per aiutarli a progredire in una fase di eventuale ravvedimento e recupero, penso che glielo darei".Sul piano della società civile, per Maria Falcone, infine, "in Sicilia, a Palermo, sono stati fatti passi avanti importantissimi per combattere la cultura mafiosa. Abbiamo oggi una società che si va distaccando, certo poco a poco, ma in maniera progressiva e costante, da tutti quelli che sono i disvalori della mafiosità: l'indifferenza, l'omertà".Secondo Maria Falcone, "anche il fenomeno del contrasto del pagamento del pizzo, portato avanti dai giovani di Addio pizzo, è la dimostrazione che la società vuole levarsiquesto giogo, sottrarsi alla subordinazione all'arroganza della mafia"."La figure di mio fratello Giovanni e del suo amico Paolo Borsellino sono - osserva - ancora così popolari, anche per i più giovani, perché rappresentano quelle di due 'eroibuoni'", ma il loro sacrificio non ha portato ancora a sradicare  la delinquenza organizzata. E "Ndrangheta, Cosa Nostra e la Camorra controllano il territorio del Sud Italia e costringono la popolazione a vivere in una situazione di continua oppressione, a livello sociale ed economico".