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Marò, la nuova sfida Italia-India «Girone torni». «Inammissibile»

ANGELO PICARIELLO giovedì 31 marzo 2016
ROMA Il procedimento per decidere la titolarità della giurisdizione - fra Italia e India - sul caso dei fucilieri di Marina Salvatore Girone e Massimiliano ha iniziato la sua lunga navigazione. E proprio la prevedibile durata, da 2 a 4 anni, del procedimento avviato ieri davanti al Tribunale arbitrale dell’Aja è al centro della richiesta all’esame preliminare del collegio, avanzata dall’agente del governo italiano, l’ambasciatore Francesco Azzarello, volta a far rientrare in patria Girone, mentre Latorre è già a casa per i postumi di un ictus. Il marò rischia di essere ulteriormente «privato della sua libertà», e per giunta «senza un formale capo d’accusa», in «violazione dei suoi diritti umani ». Richiesta che l’India respinge però come «inam- missibile», o comunque «difficile da accettare». Così come restituisce al mittente la responsabilità per la lentezza della giustizia indiana, che in 4 anni non ha ancora sottoposto i due militari a un valido processo. «È l’Italia ad aver rallentato con le continue richieste e petizioni presentate alle corti indiane. Non per nostra negligenza», ha replicato nell’aula del Palazzo della Pace l’agente indiano, Neeru Chadha. Inoltre, nelle sue Osservazioni scritte, l’India ha affermato che «esiste il rischio che Girone non ritorni» a Delhi nel caso l’arbitrato le riconoscesse la titolarità della giurisdizione. «Abbiamo solennemente ribadito che l’Italia rispetterà qualsiasi ordine del Tribunale arbitrale, come è ovvio», è la replica italiana. L’Italia ha anche offerto la possibilità di imporre alcune «condizioni» al rientro di Girone, come il ritiro del suo passaporto una volta rimpatriato e il divieto di viaggiare all’estero senza permesso. I toni appaiono più sfumati: sono sparite parole come «assassini » o «ostaggi». Tuttavia l’India in giudizio non arretra di un passo: «Salvatore Girone non è in prigione», scrivono. Vive «bene» nella residenza dell’ambasciatore italiano a New Delhi» e «la sua famiglia può rendergli visita»: condizioni «ragionevoli» per una persona accusata di un reato grave. Mentre, «ciò che è veramente irreversibile - prosegue il testo indiano - è la morte dei due pescatori» indiani nell’incidente con l’Enrica Lexie nel 2012. All’Aja l’Italia ritiene però di avere «solide motivazioni giuridiche e umanitarie» per chiedere, e per «nutrire speranze », che Girone torni a casa. Al pari di Latorre, già a casa per motivi di salute riconosciuti dalla Corte Suprema indiana. Permesso che però scadrà il 30 aprile, ma che l’Italia intende già rinnovato per tutta la durata dell’arbitrato, anche alla luce di nuove complicanze alla colonna vertebrale. © RIPRODUZIONE RISERVATA Salvatore Girone firma al commissariato di Chanakyapuri a New Delhi (Ansa)