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GOVERNO ALLA PROVA. Camera, passa la manovra Monti: crescita, faremo di più

venerdì 16 dicembre 2011
La Camera conferma la fiducia al governo sulla manovra economica con 495 voti a favore, 88 contrari e quattro astenuti. Sono 61 in meno rispetto alla fiducia ottenuta sul programma. Voto contrario anche dell’Italia dei Valori e dell’Svp, forze che avevano votato la fiducia al governo al momento del suo insediamento. Il voto di ieri rappresenta un via libera alle modifiche al decreto varate in commissione. Ma, passato il Rubicone, il governo scivola sugli ordini del giorno. Rallentando l’approvazione definitiva della manovra, che arriva in serata dopo una lunga maratona: 402 si, 75 no e 22 astenuti, complici ulteriori assenze (complessivamente sono stati 130 i deputati che non hanno partecipato al voto, oltre la metà nel Pdl. E sempre nelle file del Pdl è aumentato il numero degli astenuti: alla fiducia erano 4, ieri sera 12 su 22). Il provvedimento ora è atteso per la seconda lettura al Senato, per essere convertito in legge entro il 23 dicembre.
Intanto si tirano le somme: Roberto Maroni e Antonio Di Pietro non hanno votato sulla manovra economica, non rispettando le direttive dei loro gruppi. Nel Pdl non hanno partecipato al voto molti ex ministri e sottosegretari, fra cui Bernini, Brambilla, Frattini, Gelmini, La Russa, Mantovano, Rotondi, Scajola e Tremonti.
Sul precedente voto di fiducia, invece, tre i dissidenti rispetto alla linea dei propri partiti: Alessandra Mussolini e Giorgio Stracquadanio del Pdl, che hanno votato no, e Renato Cambursano dell’Idv che ha votato sì. Tre i deputati assenti di Fli, tre del Pd (di cui uno in missione) e due dell’Udc (uno in missione). Sono stati, però, particolarmente numerosi quelli del Pdl: 26, di cui tre in missione. Quattro, invece, si sono astenuti: Deborah Bergamini, Giulio Marini, Giuseppe Moles e Giuseppina Castiello. Presente alla seduta l’ex premier Silvio Berlusconi, che uscendo da Montecitorio ha minimizzato: «No, assolutamente il Pdl non è diviso». Ad «alcuni deputati» che hanno chiesto di astenersi o votare no, «per le particolari situazioni personali e le particolari provenienze da altri partiti» è stato concesso di farlo, «visto che non c’era alcun pericolo per la maggioranza».
Ma è sugli ordini del giorno che l’esecutivo conosce la prima sconfitta nell’aula di Montecitorio. Viene, infatti, battuto su uno della Lega, cui aveva dato parere contrario. Il testo, a firma Francesca Martini, impegna il governo ad «adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere una detrazione ad hoc dell’imposta municipale sulla prima abitazione pari al 50 per cento e relativa ai soggetti disabili gravi non autosufficienti». Battaglia anche sugli emendamenti del Carroccio. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda - più volte in difficoltà nella gestione di questo passaggio, tanto da essere corretto in un paio di occasioni dal presidente Gianfranco Fini - spiega che una delle ragioni dei pareri negativi ad alcuni dei 59 odg presentati dal partito nordista sta proprio nella premessa. Per ben due volte ha sottolineato che, se i proponenti fossero stati disposti a rinunciare alla premessa, il parere del governo sarebbe potuto cambiare in positivo. Dal Carroccio nessuna marcia indietro. Tra gli altri, l’aula ha respinto due odg - dell’Idv e della stessa Lega - che impegnavano il governo a imporre l’Imu esclusivamente sugli «immobili commerciali» (già peraltro assoggettati a tassazione) della Chiesa discriminando rispetto il resto delle religioni e del non profit, e ne ha accolto uno bipartisan Pd-Pdl che chiede di «affrontare e definire» la questione degli edifici utilizzati parzialmente per fini commerciali, tenendo conto «del valore sociale delle attività svolte da una pluralità di enti non profit e, tra questi, gli enti ecclesiastici». Il governo, infine, ha accolto due odg del Pd in cui si chiedono deroghe al nuove regime pensionistico per invalidi e lavoratrici precoci.
Gianni Santamaria
 

LA FIDUCIA AL GOVERNONel primo pomeriggio la Camera aveva confermato la fiducia al governo sulla manovra economica con 495 voti a favore, 88 contrari e quattro astenuti. Voto contrario anche dell'Italia dei Valori e dell'Svp, forze che avevano votato la fiducia al governo al momento del suo insediamento. Dopo il voto finale dell'aula di Montecitorio, il provvedimento passa al Senato. La seduta alla Camera dei Deputati ha visto i gruppi parlamentari darsi battaglia in aula prima del voto. Lo scontro ha visto protagonisti soprattutto Pd e Lega, con Dario Franceschini ad accusare i deputati padani di aver fatto per 10 anni i "soldatini ubbidienti" e poi essersi scoperti "guerrieri" per i diritti delle classi più deboli. "Siete stati saldamente al governo per gli ultimi tre anni e incollati alle poltrone romane per gli ultimi otto anni su dieci e mentre eravate seduti su quelle poltrone non sembravate guerrieri padani: sembravate soldatini obbedienti", ha gridato Franceschini tra gli applausi di gran parte dell'Aula. Il segretario dei democratici, Pierluigi Bersani, ha rimarcato la necessità di accompagnare il rigore di bilancio con politiche per la crescita perché, ha spiegato, "rincorrendo manovra su manovra si finisce contro un muro".La Lega dal canto suo ha proseguito nella linea della protesta. Dopo gli insulti al Senato e i cartelli di giovedì alla Camera, è stata la deputata Emanuela Munerato a rappresentare i lavoratori, gli operai che sono gli unici a pagare i costi di questa manovra". E per dare più forza ai suoi argomenti, la Munerato ha tolto il soprabito, mostrandosi in grembiule arancione e cuffia, vestita da operaia.Il voto di oggi ha anche ottenuto l'effetto di aumentare la distanza tra Pdl e Lega, alleati di governo fino a poco più di un mese fa. Roberto Maroni, nel commentare il voto favorevole alla fiducia del Pdl, ha rimarcato come sia "difficile parlare di dialogo quando le posizioni sono così distanti" e si è detto per nulla preoccupato da un eventuale voto amministrativo che vedesse la Lega correre da sola: "Potremmo farlo se il Pdl non dovesse rivedere le proprie posizioni. Penso che avremmo buone chance di vincere in tanti comuni". Poco dopo è stato il turno di Umberto Bossi: "Vedremo" se andare da soli, "lo decideranno le sedi locali, i territori. Da noi funziona così". Uno spiraglio lasciato aperto all'asse Pdl-Lega e ribadito dalle parole successive del capo: "Sono sicuro che, al momento opportuno, il pdl farà la sua parte". Parole che non sembrano preoccupare più di tanto Silvio Belrusconi: "La Lega naturalmente fa il suo gioco e vuole in questa occasione aumentare il proprio bottino elettorale".

NAPOLITANO: SALVARE L'EURO"Siamo nella fase attuale, certamente dominati dalla preoccupazione per l'ancora grave crisi dell'Europa, e più in generale per quel che accade in seno all'Europa e per il futuro dell'Unione Europa. Il nostro coinvolgimento nella sfida per salvare l'euro e con esso le conquiste e le prospettive del processo d'integrazione europea, è totale". Così il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel suo intervento alla conferenza degli Ambasciatori italiani nel mondo alla Farnesina.