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Le associazioni. Suicidio assistito? La politica si occupi di malati, anziani, disabili

Francesco Ognibene mercoledì 17 gennaio 2024

Mentre ieri in aula era ancora in corso il serrato confronto sul progetto di legge regionale 217 su «procedure e tempi» per il suicidio assistito le associazioni del laicato cattolico continuavano a esternare – come già nei giorni scorsi – la loro assoluta contrarietà alla norma che in serata l’assemblea veneta ha poi bocciato.

«Siamo di fronte a una forzatura giuridica – è la riflessione di Marina Casini, presidente del Movimento per la Vita italiano –. La proposta travalica spudoratamente i requisiti indicati dalla Consulta nella sentenza 242 del 2019, va oltre le competenze assegnate alle Regioni, è priva di copertura finanziaria: è evidente che siamo di fronte a una manovra ideologica e ingannatrice. Si sostiene che la legge sia necessaria per evitare l'accanimento terapeutico e la sofferenza insopportabile dovuta alla malattia o alla disabilità, ma in realtà è dato acquisito che l'accanimento terapeutico si evita e la sofferenza si combatte con le cure palliative, già disciplinate con la legge 38 del 2010». Secondo Marina Casini con leggi come quella respinta dal Veneto (ma altre identiche sono in gestazione in varie assemblee regionali, sempre per iniziativa dell’Associazione radicale Luca Coscioni) «si vuole raggiungere il rafforzamento di una mentalità che favorisce l'espulsione dalla società dei fragili e dei vulnerabili con il pretesto della libertà di scelta. Ma quale libertà può esserci se non c'è l'alternativa di una amorevole presa in carico, se non c'è adeguata diffusione delle cure palliative e della terapia del dolore, se i malati e le loro famiglie sono lasciati soli, se la burocrazia sanitaria è pesante e farraginosa? Sono questi gli aspetti che devono essere presi in considerazione se vogliamo incamminarci verso la civiltà. Altro che scorciatoie di morte camuffate da progresso».

Anche per l’Associazione Papa Giovanni XXIII la legge veneta era sbagliatissima: «Nelle nostre case famiglia, dove accogliamo persone con disabilità gravissime, anche in stato vegetativo persistente, sperimentiamo che le persone in condizioni di fragilità rendono il contesto sociale più umano – spiega Marina Figus, responsabile in Veneto della Comunità fondata da don Oreste Benzi –. Chi di noi ha accolto queste persone ha accolto un dono enorme, veri e propri angeli». Nell’esperienza di chi si riconosce nel percorso di vita tracciato dal sacerdote riminese «le persone con malattie degenerative irreversibili o con prognosi infauste, nel momento in cui sono accudite con relazioni di cura, non desiderano percorsi di morte ma chiedono sempre la migliore vita possibile – continua Marina Figus –. Il sistema sanitario ha l’altissima vocazione di prendersi cura delle persone più fragili attraverso le cure palliative e l’assistenza domiciliare, piuttosto che di aprire impietose scorciatoie: assecondare un desiderio di morte non è una scelta di civiltà. La proposta non avrebbe dovuto nemmeno essere considerata ammissibile, perché va ben oltre le competenze regionali».

Giudizio «molto positivo» quello di Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita e Famiglia, per il fatto che «nel centrodestra sia emersa una maggioranza contraria alla deriva eutanasica promossa dai radicali e dalla sinistra estrema, anche se resta grave il sostegno politico del presidente Zaia e di altri consiglieri della Lega, di cui ci ricorderemo alle prossime elezioni. Speriamo che questo stop sia definitivo e che la Regione Veneto lavori per moltiplicare l'accesso dei cittadini che ne hanno diritto alle cure palliative per vivere degnamente anche in situazioni di grande sofferenza». © RIPRODUZIONE RISERVATA