Attualità

Roma. Il fisico scomparso: le tracce di Majorana in Venezuela

mercoledì 4 febbraio 2015
​Resterà per sempre un giallo la scomparsa di Ettore Majorana, il fisico catanese nato nel 1906 e sparito nel nulla la sera del 27 marzo del 1938 in occasione di un viaggio sul piroscafo che da Palermo lo avrebbe portato a Napoli. Ma la procura di Roma, che ha archiviato un'inchiesta riaperta nel 2008 dopo una puntata di "Chi l'ha visto?", è convinta di aver acquisito un punto fermo: lo scienziato si trasferì all'estero, "permanendo in Venezuela, almeno, nel periodo tra il 1955 e il 1959". Un trasferimento che il procuratore aggiunto Piefilippo Laviani definisce "volontario" essendo stati acquisiti, nel corso degli accertamenti, elementi "per poter escludere la sussistenza di condotte delittuose o autolesive contro la vita o contro la libertà di determinazione e movimento di Majorana". Che cosa abbia fatto il fisico siciliano nel Paese sudamericano difficilmente si saprà, "stante l'inerzia degli organi diplomatici venezuelani richiesti di notizie, seppure fuori dall'ambito di rogatoria giudiziaria". A determinare la riapertura delle indagini fu la testimonianza di Francesco Fasani, un meccanico (deceduto pochi anni fa) che al programma di Rai3 e poi agli inquirenti affermò di aver conosciuto a Valencia nel 1955 Majorana (che si faceva chiamare signor Bini), epoca in cui era giunto in Venezuela come emigrato. Fasani precisava di aver appreso la vera identità solo in un secondo momento allorchè un certo signor Carlo, mai individuato dalle indagini ma indicato da Fasani come un rappresentante di spicco della comunità italiana a Valencia, gli disse un giorno che la persona che lo stesso Fasani gli indicava da una finestra, ferma in strada ad attenderlo, non si chiamava affatto Bini ma in realtà era lo scienziato italiano Majorana. Nel corso delle sue audizioni, si legge nel provvedimento di archiviazione, Fasani "ebbe a descrivere Bini-Maiorana come un uomo di mezza età, con cui non entrò mai in intimità stante una esasperata riservatezza, continuandolo a chiamarlo sempre 'signor Bini' e senza mai apprenderne il nome di battesimo, frequentazione caratterizzata dal fatto che Fasani lo accompagnava spesso nell'autovettura in possesso di Bini, una StudeBaker di colore giallo". Il teste riferì che Majorana, che era solito evitare frequentazioni assidue e che non gradiva contatti con immigrati italiani, avrebbe anche convissuto con una donna (mai vista né conosciuta da Fasani) a San Raphael, paesino che si trovava sulla strada che collegava la città diValencia a quella di Maracai, a sud del lago Valencia. Nel periodo di questa frequentazione, Fasani si dedicava a ripulire l'auto di Majorana e a tenergliela in ordine perchè spesso era "ingombra di appunti e di carte", aggiungendo agli inquirenti che Bini-Majorana "rifiutava di farsi fotografare" tranne in un caso: quando, in cambio di un prestito di denaro di cui lo scienziato "necessitava urgentemente", Fasani chiese e ottenne di fare una foto insieme. Per la procura, la circostanza chetale fotografia fu scattata sui gradini di uno sportello di cambio ha dato valore a questa affermazione. Questa stessa foto, che poi Fasani spedì ai suoi parenti italiani come cartolina di saluto con dietro l'indicazione Bini-Maiorana e la data 12 giugno 1955 Valencia, Venezuela, è stata esaminata dai Ris dei Carabinieri per la comparazione dei dati fisiognomici di Bini-Maiorana con quelli appartenenti al suo nucleofamiliare e, in particolare, con l'immagine del padre dello scienziato, Fabio Maiorana, quando aveva la stessa età del figlio (cioè 50 anni). E, fa sapere Laviani, "i risultati ottenuti dalla comparazione hanno portato alla perfetta sovrapponibilità delle immagini di Fabio Majorana e diBini-Majorana, addirittura nei singoli particolari anatomici quali la fronte, il naso, gli zigomi, il mento e le orecchie, queste ultime anche nella inclinazione rispetto al cranio". Altro dettaglio decisivo ai fini delle indagini, poi, è una cartolina, risalente al 1920, a firma di Quirino Majorana, zio di Ettore, che Fasani prese dall'auto del signor Bini: quella cartolina fu poi regalata al fratello Claudio Fasani che agli inquirenti ha consegnato la riproduzione fotostatica della stessa, effettivamente firmata dallo zio di Ettore con data del 24 settembre 1920. La cartolina era diretta a un certo W.G.Conklin negli Usa: in tale missiva Quirino Majorana comunicava l'andamento delle esperienze di laboratorio volte alla individuazione della natura della forza di gravità, facendo riferimento a 'suggerimenti' che Conklin gli aveva esposto in precedenza. "Il reperimento di siffatta missiva - è la conclusione del procuratore aggiunto Laviani - nell'autodi Bini conferma la vera identità di costui come Ettore Majorana, stante il rapporto di parentela con lo zio Quirino, la medesima attività di docenti di fisica e il frequente rapporto epistolare già intrattenuto tra gli stessi, avente spesso contenuto scientifico".