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Dia. Mafie "liquide". Pistole al Sud, colletti bianchi al Nord. E sempre più corruzione

Pino Ciociola martedì 28 gennaio 2020

Agenti della Direzione investigativa antimafia, la Dia

I burattinai delle mafie sono gli stessi. Ma se al Sud soprattutto distribuiscono pistole, al Nord soprattutto indossano colletti bianchi. Tant’è che le attività criminali “di primo livello” «vedono una preponderante manovalanza criminale proveniente dalle Regioni del Sud» e «vanno ad alimentare le attività “di secondo livello”, quindi gli affari mafiosi al Nord». E il cancro metastatizza.

Andiamo per ordine. Sono due le principali attività con le quali le mafie «consolidano posizione e accrescono ricchezza», annota la “Direzione investigativa antimafia” nella sua ultima relazione (che riguarda il primo semestre 2019). E sono «convenzionalmente classificate, tenendo a mente una distinzione fatta dal giudice Falcone», in «quelle “di primo livello” e quelle “di secondo livello”». Queste ultime («le più sofisticate») «caratterizzano il Centro-Nord» e «attingono buona parte delle risorse dalle attività “di primo livello” al Sud». Esiste un formidabile strumento attraverso il quale «le cosche, mediate dall’imprenditoria collusa, diventano vero e proprio contraente della pubblica amministrazione»: professionisti e imprenditori deviati, cioè «l’area grigia dell’economia criminale», che consente «di entrare in contatto con un’altra area grigia, altrettanto pericolosa, dove operano gli apparati infedeli della pubblica amministrazione». L’«anello di congiunzione» è la corruzione - ­ va avanti la Dia - e le mafie si presentano «nella veste più moderna e imprenditrice, ammantandosi di apparente legalità». Del resto «commesse pubbliche e finanziamenti nazionali e comunitari», insieme «a settori da sempre privilegiati dalle consorterie mafiose, si pensi ai rifiuti, all’edilizia e al ben noto ciclo del cemento», sono «occasione irrinunciabile».

Morale? Si registra una vera e propria «evoluzione della strategia mafiosa», segnata da «metodi più sofisticati e discreti», quindi col vantaggio di «destare meno allarme sociale». Allora diventa facile per le mafie «inquinare l’economia legale ed espandersi oltre regione e all’estero». Nutrendosi «dell’infiltrazione nella pubblica amministrazione e della gestione degli appalti, della grande distribuzione, del ciclo dei rifiuti, del gioco e delle scommesse». Diventando «impresa dal solido “capitale sociale”». Mentre, racconta ancora la Dia, «corruzione, scambio elettorale politico-mafioso, infiltrazione negli enti locali, acquisizione di aziende produttive, imprenditori e professionisti compiacenti», costituiscono «il volano per moltiplicare i profitti e allargare il raggio d’azione degli investimenti, allontanando sempre di più l’“aura mafiosa” dai propri affari». Una mafia “liquida”che mira «a riciclare e reinvestire capitali illeciti dov’è più alto il reddito e minore la disoccupazione».

Fin qui, le attività mafiose “di secondo livello”. Ma, come detto, dipendono da quelle “del primo”: «Estorsioni, usura, sequestri di persona, traffico e spaccio di stupefacenti, contrabbando di tabacchi, traffico di armi, gioco e scommesse», soprattutto al Sud. «Azioni illegali “essenziali"» che «generano una forte liquidità di denaro». Mentre le criminalità straniere più che altro pensano a «prostituzione, tratta degli esseri umani, rapine e furti».

Un’occhiata, infine, da vicino alle quattro mafie? La ndrangheta «è tendenzialmente silente, ma più che mai viva nella sua vocazione affaristico imprenditoriale, saldamente leader nei grandi traffici di droga» e «acquisisce sempre maggior forza e “prestigio” internazionale», si legge nell'ultima relazione Dia. Nella criminalità organizzata siciliana si «rafforzano i rapporti
tra alcune famiglie storiche di Cosa nostra palermitana con Cosa nostra americana», intanto all’interno c’è «un impellente bisogno di un nuovo assetto» e di risolvere la vecchia «questione della leadership». Le dinamiche della camorra restano «particolarmente fluide e complesse», con «sodalizi minori, dediti al controllo di attività illecite sul territorio di rispettiva influenza» e «organizzazioni storiche strutturate, sempre più proiettate verso altre regioni e all’estero». Le mafie pugliesi sono contraddistinte dalla «tendenziale disomogeneità», ma con specializzate «nel traffico di sostanze stupefacenti, con saldi collegamenti con le compagini albanesi, e in quello delle armi».