Attualità

Strage di Ustica. Amato: Dc9 abbattuto dai francesi. Meloni: se ha elementi lo dica

Massimo Chiari sabato 2 settembre 2023

L'ex premier Giuliano Amato

«Dopo quarant'anni le vittime innocenti di Ustica non hanno avuto giustizia. Perché continuare a nascondere la verità? È arrivato il momento di gettare luce su un terribile segreto di Stato. Potrebbe farlo Macron. E potrebbe farlo la Nato. Chi sa ora parli: avrebbe grandi meriti verso le famiglie delle vittime e verso la Storia».Giuliano Amato, ex presidente del Consiglio ed ex presidente della Corte Costituzionale, in un'intervista a la Repubblica rivela la sua ricostruzione sulla strage del 1980. «La versione più credibile è quella della responsabilità dell'aeronautica francese, con la complicità degli americani. Si voleva fare la pelle a Gheddafi, in volo su un Mig della sua aviazione. Il piano prevedeva di simulare una esercitazione della Nato, una messa in scena che avrebbe permesso di spacciare l'attentato come incidente involontario». La versione di Amato ci riporta indietro di 43 anni. Era la sera del 27 giugno quando il Dc9 dell'Itavia, partito da Bologna e diretto a Palermo, all'altezza dell'isola di Ustica uscì dagli schermi radar e venne dato per disperso. Solo il giorno dopo vennero avvistate le prime vittime che alla fine saranno 81, tutti quelli che erano a bordo. Le numerose rogatorie internazionali (indirizzate a Usa, Belgio, Germania, Francia e per finire anche al governo transitorio della Libia dopo la caduta del regime di Gheddafi) che la procura di Roma ha avviato negli anni scorsi, nell'ambito dell'inchiesta bis aperta per strage contro ignoti, non hanno consentito di arrivare a risultati concreti: alcuni Paesi hanno fornito informazioni senza alcuna rilevanza penale mentre altri hanno totalmente ignorato la richiesta. Ma torniamo alla verità dell'ex premier italiano. «Gheddafi fu avvertito del pericolo e non salì sul suo aereo. E il missile sganciato contro il Mig finì per colpire il Dc9. L'ipotesi più accreditata è che quel missile sia stato lanciato da un caccia francese. Da principio i militari si erano chiusi in un silenzio blindato, ostacolando le indagini. E quando da sottosegretario ebbi un ruolo in questa vicenda, nel 1986, cominciai a ricevere le visite dei generali che mi volevano convincere della tesi della bomba. Capivo che c'era una verità che andava schermata. E la nostra aeronautica era schierata in difesa della menzogna. Avrei saputo più tardi, ma senza averne prova che era stato Craxi ad avvertire Gheddafi. Non aveva interesse che venisse fuori: sarebbe stato incolpato di infedeltà alla Nato e di spionaggio». Per Amato «non era del tutto irragionevole che i generali, per tenere al sicuro il segreto, si guardassero bene dal condividerlo con i politici», e la politica, da parte sua, «non aveva convenienza a sapere fino in fondo. In ogni modo la verità risultava scomoda. Ed era meglio lasciarla sepolta». Tra fedeltà alla Costituzione e fedeltà alla Nato, sostiene Amato, è prevalsa la seconda: «Un apparato costituito da esponenti militari ha negato ripetutamente la verità. Tutte queste persone hanno coperto il delitto per una ragion di Stato. Non giustifico e tuttavia comprendo le spinte che portarono all'occultamento della verità, ma 40 anni dopo è difficile da capire. Mi chiedo perché Macron, anche anagraficamente estraneo alla tragedia- non voglia togliere l'onta che pesa sulla Francia. O dimostrando che questa tesi è infondata oppure porgendo le scuse più profonde all'Italia e alle famiglie delle vittime in nome del suo governo». «Non abbiamo commenti da fare», è stata la replica a caldo arrivata dal servizio stampa dell'Eliseo dopo la richiesta di un commento alle parole di Amato avanzata dai cronisti. Anche se più tardi lo staff di Macron ha precisato che, pur restando disponibile a collaborare con Roma, «la Francia ha fornito gli elementi a sua disposizione ogni volta che stata interpellata su questa tragedia, in particolare nel quadro delle indagini condotte dalla Giustizia italiana».

Sulle dichiarazioni di Amato è intervenuta anche la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni parlando di «parole importanti che meritano attenzione». «Il presidente Amato precisa però che queste parole sono frutto di personali deduzioni - ha continuato la premier -. Premesso che nessun atto riguardante la tragedia del DC9 è coperto da segreto di Stato, e che nel corso dei decenni è stato svolto dall’autorità giudiziaria e dalle Commissioni parlamentari di inchiesta un lungo lavoro, chiedo al presidente Amato di sapere se, oltre alle deduzioni, sia in possesso di elementi che permettano di tornare sulle conclusioni della magistratura e del Parlamento, e di metterli eventualmente a disposizione, perché il governo possa compiere tutti i passi eventuali e conseguenti».

Poco dopo ha commentato anche il vicepremier leghista, Matteo Salvini, parlando di «dichiarazioni di inaudita gravità a proposito di Ustica». «È assolutamente necessario capire se ci sono anche elementi concreti a sostegno delle sue parole - ha continuato il titolare del Mit -. Visto il peso delle affermazioni di Amato e il suo ruolo rilevante all’epoca dei fatti, attendiamo commenti delle autorità francesi».