Attualità

INTERVISTA. Ma quel verdetto non è definitivo

Viviana Daloiso sabato 7 febbraio 2009
Una frase ricorrente – e piuttosto tecnica, in verità – s’è sentita ripetere nella dram­matica giornata di ieri da più parti: «Una sentenza in giudicato è definitiva, non ci si può tor­nare sopra», dove il termine 'giudicato', così fa­miliare tra giuristi ed esperti del diritto, indica u­na sentenza non più modificabile. La prima vol­ta è stata pronunciata dal procuratore generale presso la Corte d’Appello di Trieste, che ieri è en­trato inaspettatamente nella vicenda anticipan­do l’esito delle indagini in corso a Udine. Poi, nel pomeriggio, è stata la volta del capo di Stato, che anticipando – di nuovo – il Consiglio dei ministri ha scritto a Berlusconi: «Un decreto sarebbe in­costituzionale perché in contrasto con una sen­tenza passata in giudicato». Ora, la sentenza su E­luana è senz’altro stata avvalorata dal suo pas­saggio in Cassazione, ma sul fatto che il decreto della Corte d’Appello di Milano sia passato 'in giudicato', e pertanto sia definitivo, ci sarebbe molto da dire. Ne è convinto Piero Sandulli, ordi­nario di Diritto costituzionale all’università di Te­ramo. Professore, la sentenza che ha autorizzato il di­stacco del sondino di Eluana è passata in giudi­cato? Affatto. Il procedimento sulla base del quale è stra­to autorizzato il distacco del sondino giuridica­mente è un procedimento di volontaria giurisdi­zione, in genere utilizzato per la nomina di un tu­tore o di un amministratore di sostegno, per e­sempio. Può spiegare cosa vuol dire? Si tratta di procedimenti in cui non esiste un con­traddittorio conclamato, cioè non esiste contrap­posizione di ruoli (a meno che non si verifichi). Ciò significa che anche sotto il profilo dell’accerta­mento della 'cognizione piena' di un fatto, essi sono carenti. Ecco perché secondo il codice di procedura civile non sono suscettibili di passare in giudicato e i provvedimenti ad essi legati ven­gono emanati con decreto, quindi con un atto che non ha caratteristiche di definitività come le sen­tenze. Insomma, fin dall’inizio siamo di fronte a proce­dimento che non è una sentenza e che sarebbe modificabile? Assolutamente sì, se i presupposti in esso conte­nuti si rivelassero non più attuali, e cioè le volontà della ragazza e l’irreversibilità dello stato vegeta­tivo. Che poi sono le due condizioni richieste quando il caso è finito in Cassazione la prima volta... Intanto va precisato che ci è finito in via del tutto straordinaria: normalmente questi procedimen­ti – ripeto, legati a fatti di importanza ben lonta­na dalla decisione su una vita umana – sono mo­dificabili e di stabilità temporanea. Tuttavia nel caso di sentenze che giudicano sulla libertà per­sonale è sempre ammesso un ricorso straordina­rio in Cassazione. A quel punto la Cassazione ha chiesto di accertare le volontà pregresse e l’irre­versibilità dello stato vegetativo di Eluana. Cose che poi, in seconda fase, la Corte d’Appello di Mi­lano ha accertato. E qui mi lasci dire. Prego. Le ha accertato in base a prove fornite dal tutore e alle quali non si è opposto il curatore nomina­to ad hoc, l’avvocato Franca Alessio. Nuovamen­te senza alcun contraddittorio, visto l’ambito del procedimento. Ma l’intervento della Cassazione non ha trasfor­mato la sentenza in definitiva? Il decreto che ha autorizzato il distacco del son­dino è certo stato avvalorato dall’intervento del­la Cassazione, ma non ha cambiato natura giuri­dica: è un decreto, non una sentenza, e ha stabi­lità temporanea. Del resto, se domani la ragazza aprisse gli occhi, la faremmo morire lo stesso per­ché è già stato deciso da un tribunale? Forse qui molti colleghi dei tribunali civili hanno dimenti­cato che non si discute di una servitù di passag­gio su un terreno, ma di una vita umana. Da uomo di legge, è deluso di come è stato gesti­to il percorso giudiziario della vicenda Englaro? Il diritto si è mosso molto male. Credo, a dire il ve­ro, che il diritto sia destinato a muoversi sempre molto male in queste situazioni, che presuppon­gono anche una cognizione etica delle vicende e che coinvolgono la legge naturale, prima di quel­la degli uomini. E cosa pensa del decreto che il governo ha sotto­posto ieri a Napolitano, poi respinto? Penso sia stato giusto. Penso che di fronte alle que­stioni di vita non ci si può porre il problema dei limiti dell’ingerenza fra i poteri dello Stato. Di fron­te a una vita ritengo sia giusto intervenire in ogni modo. La vita umana è la vita umana, se ci met­tiamo a fare sottigliezze di carattere costituziona­le non credo ne usciremo.