Attualità

Medici senza frontiere. «Migranti traumatizzati, scarsa assistenza alla salute mentale»

Giorgio D'Aquino martedì 12 aprile 2022

Cicatrici sulla psiche. Prima della drammatica traversata in mare sono già passati per il deserto e per i centri di detenzione libici. Là dove le violenze – anche sessuali – sono quasi inevitabili. Stesso calvario per chi tenta la “rotta balcanica”.

Torture e umiliazioni che provocano nei migranti forme di disagio mentale. Ma i servizi socio-sanitari – nonostante apposite linee guida ministeriali – per lo più ignorano il problema. A fare luce sul fenomeno è un rapporto di Medici senza frontiere che l’ong presenterà oggi. È un dramma sottovalutato, che il ministero della Salute ha affrontato quasi cinque anni fa redigendo le “Linee Guida sull’assistenza e la riabilitazione delle vittime di tortura”.

Secondo Msf però «rimangono perlopiù inapplicate su gran parte del territorio: mancano spesso adeguati servizi pubblici di assistenza». Msf ha intervistato 50 operatori del servizio sanitario, funzionari regionali, personale dei centri di accoglienza e del privato sociale. Le linee guida a oggi sono formalmente recepite solo in Piemonte, Lazio e Toscana. In altre – Sicilia, Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia – si registrano esperienze virtuose, spesso del privato sociale, in collaborazione con le realtà sanitarie territoriali. Il dossier elenca le problematiche mentali riscontrate più spesso. In ordine decrescente sono: disturbo da stress post-traumatico, sintomi psicosomatici, disturbi d’ansia o depressivi, quadri psicotici, disturbi cognitivi o dissociativi, difficoltà relazionali, disturbi alimentari, abuso di alcol e droghe.

I migranti traumatizzati possono manifestare alterazioni della percezione del tempo, dilatato o contratto, con vissuto bloccato da continui flash back in un tempo circolare, poi sensi di colpa o vergogna, disturbi del ciclo sonno-veglia, di memoria, attenzione, concentrazione.

«Un percorso efficace di riabilitazione e cura – sottolinea spiega Silvia Mancini, responsabile affari umanitari di Msf – non è solo un diritto garantito a chi ha vissuto traumi, ma anche la necessaria premessa per l’integrazione».

Una adeguata presa in carico – spiega Msf – richiede mediazione culturale, certificazione medico-legale, professionalità diverse, approcci integrati e coordinati per rispondere a bisogni complessi non limitati all’ambito sanitario. Msf ha avviato diversi interventi specifici, all’estero e in Italia. A Palermo gestisce (in collaborazione con l’Azienda Sanitaria Provinciale, il Dipartimento Promis dell’Università di Palermo, il Centro Astalli e Cledu) un ambulatorio per la riabilitazione di migranti sopravvissuti a violenza intenzionale: «Offriamo servizi di psicoterapia, medicina, assistenza sociale e legale. I mediatori interculturali sono parte integrante del percorso», spiega Edmond Tarek Keirallah, coordinatore Msf del progetto di Palermo: «La sfida più grande è far emergere il loro vissuto. Spesso si rivolgono a noi per altri servizi, come l’assistenza legale, e scopriamo che hanno alle spalle storie terribili di abusi».

Il progetto di Palermo ha raggiunto più di 750 persone e preso in carico 78 pazienti, di cui 33 in fase riabilitativa. A Roma Msf ha gestito un centro per sopravvissuti a tortura dal 2015 al 2019. Oggi ha in corso un progetto per la salute delle donne migranti in collaborazione con la Asl Roma 2.