Attualità

Roma. M5s perde altri pezzi, lasciano i deputati Angiola e Rospi

Redazione Romana venerdì 3 gennaio 2020

I deputati Nunzio Angiola e Gianluca Rospi lasciano il M5s e vanno al Gruppo Misto e attaccano i vertici del Movimento. «Ho deciso, con grande rammarico - scrive il deputato pugliese Nunzio Angiola di abbandonare il M5s. Il mio dissenso non deriva da un mio personale cambiamento di opinioni, ma dalla presa d'atto che, chi più chi meno, i vertici del Movimento hanno preferito trincerarsi in una chiusura pregiudiziale nelle proprie granitiche convinzioni. La mia odierna decisione non è da porsi in connessione con quella di altri colleghi parlamentari, come Lorenzo Fioramonti. Come avevo ripetutamente preannunciato, per una serie di meditate e rilevanti ragioni ho dato il mio voto di fiducia al governo di Giuseppe Conte, ma non ho votato la legge di Bilancio. Ho manifestato vivo disappunto per la compressione delle prerogative parlamentari e per l’approvazione di provvedimenti che, nella mia qualità di professore ordinario nell'Università, non potevo assolutamente accettare», spiega. Poi attacca: «Ho più volte denunciato scarsa collegialità e scarsa attenzione ai singoli parlamentari, sia come persone sia come professionisti, con tutte le conseguenze che ciò può comportare in termini di "visibilità" dei territori nelle scelte legislative e di governo». "Vorrei, infine, rassicurare i cittadini e i sindaci del mio Collegio elettorale. Il mio impegno per il Paese, il territorio murgiano e per l'Università non si ferma qui, e non si fermerà mai. Continuerà – in modo più determinato e incisivo – come parlamentare della Repubblica Italiana, nel Gruppo Misto», conclude.

Dello stesso tenore le dichiarazioni di Rospi: «In queste festività ho riflettuto tanto e, per svariate ragioni, in primis il non condividere la Manovra di Bilancio approvata di recente e la mancanza di collegialità nelle decisioni all'interno del gruppo, ho maturato l’idea di lasciare, con grande rammarico, il Movimento 5 Stelle. Manovra di Bilancio a parte, non è più tollerabile una gestione verticistica e oligarchica del Gruppo parlamentare con il risultato che ristrette minoranze decidono per la maggioranza; il M5s non vuole più dialogare, con la base che si limita a veicolare le scelte prese dall'alto senza più essere portatrice di proposte», continua Rospi. «Non è un cambio di opinione ma la semplice presa d’atto di una chiusura del Movimento nei miei confronti. Lasciatemi dire anche che oggi ho l’impressione che nel Nostro Paese ci sia un atteggiamento passivo nei confronti del presente; un atteggiamento in grado di sgretolare uno dei pilastri del nostro stare insieme e del nostro modo di guardare al futuro. È come se si pretendesse di avere diritto a un domani migliore senza essere consapevoli che bisogna saperlo conquistare, costruendolo insieme e da protagonisti, convinti che i legami che hanno senso, riprendendo le parole di Silvia Vegetti Finzi, non limitano l'io ma gli danno forza e significato», attacca. «Con questo spirito sono entrato in Parlamento il 4 marzo del 2018, rinunciando ad altri prestigiosi traguardi conquistati negli anni passati. E ancora più determinato di prima mi preme rassicurare i cittadini, i vescovi e i sindaci del mio Collegio ai quali dico che continuerò nell'impegno preso come parlamentare della Repubblica Italiana, questa volta però dal Gruppo Misto», conclude.

In quasi due anni persi 21 parlamentari
Tra addii volontari ed espulsioni decise dai probiviri, sono 21 i parlamentari del Movimento 5 stelle che si sono persi per strada dall'inizio della legislatura (al via il 23 marzo 2018, dopo il lungo travaglio delle consultazioni e la nascita del governo gialloverde). Si comincia con Maurizio Buccarella e Carlo Martelli, eletti nelle loro file, ma subito passati al Misto. Si continua con i senatori Francesco Urraro, Stefano Lucidi e Ugo Grassi passati alla Lega. A darne l'annuncio ufficiale, a dicembre, è stato Matteo
Salvini in persona. A Palazzo Madama altri sei ex M5s sono passati al gruppo Misto (tra loro Gregorio De Falco, Paola Nugnes ed Elena Fattori, "rei" di essersi opposti al primo decreto sicurezza). Poi c'è Gianluigi Paragone, protagonista dell'espulsione stra-annunciata di inizio anno. A Montecitorio gli altri fuoriusciti risalgono all'anno precedente e per molti è stata decisiva la querelle su Rimborsopoli. È stato così per Silvia Benedetti, espulsa per non aver restituito metà dello stipendio da parlamentare, come previsto dal regolamento pentastellato. Idem per Andrea Cecconi "inchiodato" da un'inchiesta de Le Iene perché avrebbe falsificato i versamenti dei rimborsi. Storie diverse per Catello Vitiello, cacciato dal Movimento per l'adesione alla massoneria e per Andrea Mura, il velista cagliaritano "accusato" di assenteismo (il suo tasso di assenze in aula ha toccato il 96%).