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Governo. M5s e Lega separati in casa, il reddito di cittadinanza divide ancora

Angelo Picariello sabato 3 novembre 2018

Ancora alta tensione nel governo. Al centro sempre il reddito di cittadinanza, mentre si rafforza un altro fronte, relativo alla prescrizione. «Esiste un contratto. E va rispettato da entrambe le parti», ricorda Luigi Di Maio. A scatenare il dibattito è ancora la dichiarazione di Giancarlo Giorgetti contenuta nelle anticipazioni di Bruno Vespa sulle «complicazioni attuative» che comporta il reddito di cittadinanza. «Sarà operativo nei primi tre mesi del 2019», dice il vicepremier pentastellato. Ed è certamente al sottosegretario leghista che allude, Di Maio, quando dice, intervistato dal Corriere della Sera: «Se vedo un problema non è nelle risorse o nelle norme, ma quando qualcuno non crede in quello che stiamo facendo. Se qualche membro del governo non crede in quello che stiamo facendo, allora è un rischio per i cittadini prima di tutto».

Quanto al terzo fronte, la sicurezza: «Non sono situazioni nuove - dice. E bacchetta, in questo caso anche dentro il M5s: «Ci sono persone che pensano di detenere la verità, ma noi abbiamo firmato un contratto di governo che va rispettato da entrambi i contraenti. Penso alle prese di posizione della Lega sulla prescrizione o alle norme sulla trasparenza delle fondazioni legate ai partiti».

Un’altra polemica è sulla flat tax. Che, secondo Giorgetti sarebbe stata giudicata in maniera più benevola da Ue e mercati: «Hanno fatto loro una scelta politica. Sono le loro scelte per la legge di Bilancio. Io sono soddisfatto delle mie, se loro non sono soddisfatti delle loro non dipende da noi», punzecchia gli alleati. Ma chiude con un auspicio: «Io spero nel buon senso dei parlamentari di entrambe le parti».

Ed ecco Matteo Salvini provare a gettare acqua sul fuoco. «Nessuna polemica, con il M5s stiamo lavorando bene. Il nostro governo ha un’altissima popolarità e in 5 mesi abbiamo fatto più di chiunque altro. Sono molto soddisfatto per le leggi fatte e per quelle in cantiere», dice il ministro dell’Interno. Che poi elenca per punti i prossimi obiettivi programmatici: «Legittima difesa, reddito di reinserimento al lavoro, stop sbarchi, riforma della Fornero. Andiamo avanti uniti per il cambiamento del paese». Colpisce però che anche a livello terminologico non si parli la stessa lingua. E sembra implicitamente di poter cogliere una puntualizzazione: quel reddito, per la Lega - messa sotto pressione da Confindustria e dalla base del Nord - va bene solo se mira al reinserimento al lavoro e non diventa una misura assistenziale sine die. Più esplicito il sottosegretario leghista Armando Siri il quale propone che vada «anziché direttamente ai vari beneficiari, a imprese e aziende che si facciano carico di formarli».

Forza Italia si compiace: «Dopo Giorgetti anche Siri azzoppa il reddito di cittadinanza targato Movimento 5 stelle. Finalmente la Lega si sta rendendo conto», dice la capogruppo alla Camera Mariastella Gelmini.

Polemiche che giungono alla vigilia di una settimana difficile, che inizia domani con l’arrivo a Bruxelles del ministro dell’Economia Giovanni Tria per l’Eurogruppo, mentre la Manovra entra nel mirino dei partner non meno di quanto lo sia delle istituzioni europee, e si avvicina la scadenza del 13 entro la quale la Commissione attende sostanziose modifiche, che il governo italiano non sembra deciso a concedere.

«Rischio sanzioni pesanti dell’Ue all’Italia? Non credo si arriverà a questo punto», si dice convinto Di Maio. «Sono convinto che il premier Conte e il ministro Tria sapranno spiegare alla Commissione la bontà della manovra».
Una misura, il reddito di cittadinanza, al centro delle polemiche anche fuori della maggioranza. Il forzista Francesco Giro valuta addirittura la possibilità di una denuncia per truffa, per aver promesso l’introduzione «senza alcuna copertura finanziaria, visto che in base al numero degli aventi diritto e per rendere stabile la misura assistenziale servirebbero 50 miliardi e non i 7,5 finora previsti nella manovra». E intanto la Caritas torna a ribadire che «c’è già una prima risposta che è il reddito di inclusione e non va smontata».

Ma anche il fronte sicurezza suscita preoccupazioni, e le parole di Di Maio non chiudono la contesa. La fronda interna al M5s non arretra. Uno dei "rivoltosi", il senatore Gregorio de Falco, se ne fa portavoce e lancia un avvertimento al vicepremier pentastellato: «Quando dice o con me o fuori afferma un’idea padronale del Movimento in cui oggi sembra venire meno la dialettica. Nel Movimento non c’è spazio per professionismi della politica - conclude De Falco, ricordando al leader la regola del secondo mandato - Dobbiamo ricordarci che abbiamo tutti accettato di avere una data di scadenza».