Attualità

L'inchiesta Grandi opere. Bufera continua su Lupi. Che prova a resistere

Marco Iasevoli mercoledì 18 marzo 2015
Renzi tace. Non parla e non ha voglia di parlare pubblicamente dell’affare Lupi. Salta anche la presentazione alla Camera del libro del fraterno amico e collaboratore Graziano Delrio. Il premier si è sentito ripetutamente con Alfano e con lo stesso ministro Ncd, e ogni volta ha concluso le tese e dure telefonate con le stesse parole: «Tu non sei indagato, però di quella struttura di missione abbiamo discusso mille volte e tu l’hai difesa. In ogni caso fai tu le dovute valutazioni, Maurizio». Il pressing mediatico sulle dimissioni è però forte e a tarda sera si vocifera insistentemente di un vertice notturno a Palazzo Chigi tra Renzi, Alfano e Lupi per prendere una decisione. Il premier vorrebbe un passo indietro volontario e senza ripercussioni nella maggioranza, ma Ncd resiste. Se non si scioglierà subito il nodo, allora si si darà a Lupi la possibilità di riferire alle Camere per difendersi, come già gli hanno chiesto i capigruppo al Senato. È combattuto, Renzi. Da un lato non sopporta che a 'decidere' la squadra di governo siano le inchieste e le intercettazioni, tanto più che Lupi non risulta indagato. Allo stesso tempo i fatti che ha letto, la stessa ammissione del ministro sul Rolex regalato al figlio, l’hanno lasciato perplesso. I fedelissimi del premier non hanno dubbi sul fatto che il titolare delle Infrastrutture debba fare un passo indietro «volontario », immaginano anche una sostituzione- choc all’insegna della pulizia totale con Raffaele Cantone o un altro pm anticorruzione, Francesco Greco. Oppure con un profilo come quello di Emiliano. Ma tutto deve avvenire «senza terremoti», senza che Ncd sciolga ogni vincolo, senza che gli si rinfacci (al premier) di aver usato due pesi e due misure quando vicende 'ai limiti' hanno toccato il papà Tiziano o il padre del ministro Boschi.  Sino a tarda sera Lupi a dimettersi non ci pensa proprio. Sul suo capo piovono una mozione di sfiducia unitaria presentata da Sel e M5S, mentre la Lega la sua richiesta di dimissioni l’ha presentata contro Alfano. La minoranza dem - fatto indicativo di quanto sia delicata la partita politica - non si è accodata all’iniziativa. «Sono un parlamentare del Pd, non firmo mozioni di altri gruppi», chiude la partita Cuperlo. Però la tensione è alta. Il sottosegretario Delrio, nel pomeriggio alla Camera, si lascia sfuggire un 'retroscena': i cronisti gli chiedono delle possibili dimissioni di Lupi, e lui ammette che «una valutazione da parte sua è in corso». Pochi minuti prima, il presidente del Pd Matteo Orfini aveva avvertito: «Ci sono cose che destano inquietudine e preoccupazione. C’è assolutamente la necessità che si chiariscano alcuni aspetti, poi si faranno le valutazioni». Parole pesanti che, a sera inoltrata, obbligano il ministro delle Infrastrutture ad uscire dal silenzio: «Non è vero, non penso a dimettermi e Matteo non mi ha chiesto nulla». Per un bel tratto della giornata anche i pezzi grossi Ncd-Ap non si sbottonano. A sera si muovono Quagliariello e il ministro Galletti, ma manca all’appello Alfano. Angelino, riferisce il suo staff, si sta spendendo con Renzi. E per riparare al silenzio, in serata filtra la notizia di un vertice tra Viminale, Lupi e Quagliariello.