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Nord Africa. Libia, Sarraj da Conte: sì alla tregua. «Ma Haftar ritiri le truppe»

Vincenzo R. Spagnolo sabato 11 gennaio 2020

Il premier Conte con Fayez al-Sarraj

Sul travagliato dossier libico, l’Italia non ha «agende nascoste», né «altri obiettivi», sottolinea il premier Giuseppe Conte, se non quello di continuare a tessere «la tela per una soluzione pacifica» del conflitto. Sono le sei di sera ed è appena terminato il vis-à-vis con Fayez al-Sarraj, primo ministro del governo di accordo nazionale libico. Dopo le frizioni dei giorni scorsi (Sarraj non aveva digerito l’incontro, precedente al suo, fra Conte e il suo acerrimo nemico Khalifa Haftar), il premier libico è arrivato a Palazzo Chigi alle 14. Nel caos attuale, e con le truppe del generale Haftar alle porte di Misurata, la sponda diplomatica italiana ed europea è troppo preziosa per buttarla via per una gaffe diplomatica.

Nelle stesse ore, la cancelliera Angela Merkel è a Mosca per un colloquio col presidente russo Vladimir Putin, attore "esterno" di peso insieme al turco Recep Tayyip Erdogan. Sia Mosca che Ankara continuano a chiedere che si depongano le armi, nonostante finora Haftar (in posizione di predominio militare) abbia fatto orecchie da mercante. Da Roma, al-Sarraj accoglie calorosamente l’ennesima «iniziativa di Russia e Turchia per un cessate il fuoco», ma ammettendo realisticamente che «la condizione è il ritiro della parte che attacca», ossia il generale della Cirenaica, «che non sembra disponibile a ciò». Le milizie di Haftar incalzano e il premier del governo insediato a Tripoli ne è consapevole, per cui chiede all’Ue, attraverso la sponda offertagli da Conte, di non tergiversare oltre nel convocare a Berlino la Conferenza internazionale sulla Libia: «Siamo estremamente convinti della bontà» dell’iniziativa, che «tende a ripristinare il processo politico – ribadisce al-Sarraj –. Apprezziamo gli sforzi in questa direzione, col coinvolgimento della Germania e di Paesi vicini a noi come Algeria e Tunisia». Sarraj confida che la mediazione europea, caldeggiata anche dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio (che domani peraltro sarà in missione a Tunisi), possa porre fine «all’offensiva di cui soffriamo» e «all’invio di armi e supporto militare» ad Haftar da parte «di Paesi terzi». Dal canto suo, il premier Conte prova ad accorciare le distanze fra le cancellerie europee e parla a lungo al telefono col presidente francese Emmanuel Macron, al quale riassume gli esiti degli incontri con le parti libiche. A dispetto di chi li ritiene divisi, Conte e Macron – fa sapere Palazzo Chigi – ribadiscono «l’importanza di un coordinamento europeo» in favore della stabilizzazione libica.

Da Mosca, Angela Merkel preme sugli stessi tasti: «Speriamo che gli sforzi congiunti di Russia e Turchia possano portare al successo – argomenta –. E presto invieremo gli inviti per la conferenza a Berlino». Il presidente russo aggiorna la cancelliera tedesca sui negoziati di Istanbul, assicurando di sostenere anche il «tempestivo» processo di Berlino, a patto che sia preceduto da un’intesa di massima con le due parti in guerra e che veda «la partecipazione di Paesi veramente determinati a contribuire a risolvere la crisi». A chi ritiene che in Libia operino 2mila mercenari formati nelle forze moscovite, Putin ribatte così: «Se ci sono russi in Libia, non rappresentano lo Stato e non sono pagati dalla Russia. Speriamo che, dopo la nostra intesa, s’interrompa questo flusso».

La terza "piazza" di trattative è Istanbul. Dopo un incontro con Erdogan, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ribadisce la necessità di «una soluzione politica negoziata» e si dice a favore del «linguaggio costruttivo» della richiesta turco-russa di deporre le armi e di sostegno al processo di Berlino. Il ministro degli Esteri di Ankara, Mevlut Cavusoglu azzarda un pronostico: «Ci aspettiamo che i russi convincano Haftar a rispettare il cessate il fuoco in Libia e, in un processo politico, prenderemo in considerazione tutti, compreso Haftar». Ne è convinto pure lo zar di Mosca: «Conto molto che a mezzanotte, come abbiamo esortato con Erdogan, le parti in contrasto smetteranno le ostilità – incalza Putin –. Poi vorremmo tenere con loro ulteriori consultazioni». Non resta che attendere qualche ora per vedere se, stavolta, il generale della Cirenaica vorrà effettivamente ascoltare l’appello.