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Migranti. Libia, guardie sparano sui prigionieri: 1 morto e 2 feriti

Nello Scavo venerdì 9 aprile 2021

LIBIA, ZAWIYA, CENTRO DETENZIONE PROFUGHI, IMMIGRATI CLANDESTINI (Archivio)

Una sparatoria per tenere “sotto controllo” i migranti appena intercettati e catturati dalla cosiddetta guardia costiera libica che li aveva condotti in un centro di detenzione nel porto di tripoli in attesa del trasferimento nei campi di prigionia.

Sul posto è stato permesso di arrivare a un team di Medici senza frontiere che ha prestato i primi soccorsi. Uno straniero e morto e due sono rimasti gravemente feriti.

E accaduto nella notte tra giovedì e venerdì, poco dopo la conclusione della visita del premier Mario Draghi. Due adolescenti di 17 e 18 anni, con ferite d'arma da fuoco, sono stati trasferiti per cure mediche urgenti. Secondo le informazioni raccolte da Msf nel corso della notte era cresciuta la tensione a causa del sovraffollamento nel “Centro di raccolta e rimpatrio”.

"Questa sparatoria dimostra i gravi rischi che le persone affrontano mentre sono rinchiuse in questi centri di detenzione per un periodo di tempo indefinito", afferma Ellen van der Velden, responsabile operativo di Msf per la Libia. "Quest'ultimo atto di violenza è una chiara conferma che i centri di detenzione sono luoghi pericolosi per le persone rinchiuse".

Nelle ultime settimane, le équipe mediche di Msf sono state testimoni di tensioni crescenti all'interno dei centri di detenzione, dove rifugiati e migranti - tra cui donne, bambini e minori non accompagnati - sono trattenuti contro la loro volontà in condizioni deplorevoli.

“I centri sono diventati sempre più sovraffollati dall'inizio di febbraio, quando - spiega una nota di Medici senza frontiere - c'è stato un aumento delle intercettazioni di migranti e rifugiati in fuga dalla Libia via mare da parte della guardia costiera libica finanziata dall'Ue”. Almeno 5mila persone, confermano fonti Onu, sono state bloccate in mare nel 2021, e questo ha reso ingestibili i campi di detenzione.

Nella prima settimana di febbraio, il numero di persone detenute ad Al-Mabani è passato da 300 a 1.000 in pochi giorni. Al momento della sparatoria oltre 1.500 persone era ammassate nella struttura. Malattie infettive come la scabbia e la tubercolosi sono diffuse. Il distanziamento imposto dalle norme sul Covid è semplicemente impossibile in una prigione con 3 persone per metro quadro.

Non è la prima volta che i rifugiati e i migranti detenuti sono esposti alla violenza. Sparatorie e morti sono state segnalate più volte negli ultimi mesi. Il personale di Msf riferisce di avere assistito “all'uso della forza fisica da parte delle guardie”. Solo a febbraio l’organizzazione internazionale ha curato “36 detenuti per fratture, traumi contundenti, abrasioni, ferite agli occhi, ferite d'arma da fuoco”.