Attualità

Le tensioni. Libertà di voto, scontro nel Pd

MARCO IASEVOLI giovedì 11 febbraio 2016
Solo a sera, con la decisione di prendersi qualche giorno di tempo per trattare e riflettere, i toni si fanno più distesi. Ma quella di ieri è stata una delle giornate di massima tensione nel gruppo dei senatori Pd. La bagarre inizia durante l’assemblea del gruppo, all’ora di pranzo. Il capogruppo Luigi Zanda si presenta con questa proposta: «Libertà di coscienza sugli emendamenti Lepri, Guerra e Mattesini». Ovvero: i senatori possono uscire dalla disciplina di partito solo su tre voti. Quello riguardante l’affido rafforzato, la soluzione che i cattodem propongono per sostituire la stepchild adoption. E quelli di segno totalmente opposto, di Guerra e Mattesini, che propongono l’adozione piena per le unioni gay e l’estensione delle 'adozioni speciali' anche alle coppie di fatto e anche quando il minore non sia orfano. Lepri salta dalla sedia. «Noi abbiamo ridotto i nostri emendamenti a 9 con la certezza che su tutti il gruppo potesse esprimersi in libertà». L’aria si fa pesante. Il dissenso è forte e Zanda ne prende atto. In serata ci sono buone possibilità che la libertà di coscienza venga estesa anche all’emendamento Collina sul comma 4 dell’articolo 3, che introduce di fatto, e prima dell’articolo 5, la stepchild. E a una delle proposte di modifica all’articolo 4 che estende all’estero il reato di utero in affitto.  Ma è anche un altro il fattore che allontana cattodem e resto del Pd. La minaccia di utilizzare il 'canguro' scritto da Marcucci per falcidiare gli emendamenti spazzerebbe via anche l’affido rafforzato. «Nemmeno prendiamo in considerazione l’ipotesi che venga usato 'il Marcucci', auspichiamo che ci sia un accordo con le opposizioni», spiegano gli esponenti cattolici del partito. E poi, per alzare il tiro, mettono in guardia i vertici del Pd da eventuali forzature: «Noi non abbiamo presentato proposte di stralcio dell’articolo 5, ma altri lo hanno fatto e noi valuteremo», spiega Rosa Maria Di Giorgi. Ma la realtà è che il negoziato con la Lega è ormai a un punto morto e quindi il 'canguro' è più di una possibilità. In quel caso resterebbero in vita solo gli emendamenti che non contraddicono le finalità originarie del testo Cirinnà. Sull’articolo 5, in particolare, resterebbe in vita quello di Pagliari per l’affido preadottivo di due anni e la dichiarazione in cui si attesta che non si è ricorsi all’utero in affitto. E ci potrebbe essere ampia convergenza sull’ordine del giorno Finocchiaro contro la maternità surrogata. A spendersi per una mediazione di questo tenore sarà nei prossimi giorni anche Renzi, che ora teme per la tenuta del partito e ha letto con molta attenzione i dubbi di Napolitano e di diversi ex Pci.