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GIOVANI E LEGALITÀ. I bambini di Casoria scrivono al compagno: «Caro Libero, non diventare un boss»

da Napoli Valeria Chanese sabato 6 giugno 2009
Una lettera all’amico che “studia da camorrista”. L’hanno scritta gli scolari della quarta elementare di Casoria (Napoli) a Libero, ragazzo che sogna di avere «donne, soldi, macchine e supermercati» e di «morire ammazzato», come «uno che comanda veramente». «Diventando un boss – scrivono gli alunni (vai al testo integrale) – sarai solo un egoista e il tuo cuore diventerà di ghiaccio e non vedrai più la luce del sole che brilla, cioè la gioia, l’amore, la felicità, ma vedrai solo la violenza e i beni materiali». Il “sogno” di Libero non è poi così raro a Napoli. Oggi Anna è una giovane donna. Era una ragazzina appena quattordicenne dei Quartieri Spagnoli quando, diversi anni fa, candidamente confessò di voler sposare un camorrista suscitando scandalizzato scalpore ed ipocrita orrore. Non sappiamo se Anna abbia coronato il suo sogno, se abbia realizzato il desiderio di liberarsi dalla prospettiva di un povero futuro senza gioia e senza speranza, se sia riuscita ad evadere dalla costrizione del suo destino di piccola donna senza istruzione. Sappiamo che era una vittima consapevole del secolare ingranaggio che, nei vicoli e nelle periferie, macina disagio economico e degrado sociale. Il matrimonio con un boss, cioé con un sicuro vincente, rappresentava per lei l’unica possibilità di riscatto.Può darsi che Anna sia sfuggita ad un’esistenza grigia senza diventare donna di camorra, può darsi il contrario. Allora lanciò un segnale che doveva essere raccolto ed interpretato e mutuato in azioni. Si sarebbe dovuto agire per stracciare l’aspirazione dei più giovani a far parte della malavita, in qualunque ruolo, e lavorare per offrire modelli alternativi, veri e forti. Così non fu, così non è stato. La camorra continua ad affascinare i giovanissimi, li attrae e li fa propri. La camorra è "madre" come lo è sempre stata, anche ora che è diventata il "Sistema", non più un corpo unico, pur diviso in «famiglie», ma un insieme di organizzazioni a livello globale impegnati in mille illecite attività.Nelle operazioni delle forze dell’ordine non suscita scalpore se l’elenco degli arrestati contiene nomi di ragazzini, adolescenti, giovani: spesso vi sono segnate intere generazioni strappate alla scuola e alla società. In uno degli ultimi blitz nell’Oasi del Buon Pastore a Scampia, uno dei più frequentati "sportelli" del locale supermercato della droga, il 26 maggio scorso, due minorenni con le famiglie erano parte integrante ed integrata nel meccanismo di distribuzione degli stupefacenti. Il loro guadagno, con il compito di piccole vedette o di piccoli tutori della lunga fila di tossici, poteva arrivare a 200 euro al giorno.Primi gradini di una carriera abbastanza agevole verso il vertice di un gruppo da affiliare ad un clan più grosso e radicato. Non per sempre, naturalmente, poiché la caratteristica attuale della camorra, come spiegano i magistrati della Procura antimafia, è la labilità delle alleanze e quindi una considerevole frammentazione, di cui comunque e più di prima i giovanissimi, senza distinzione di sesso, costituiscono una parte sostanziale. Testimone preoccupato del progressivo aumento di minori denunciati e condannati è Gianluca Guida, direttore del carcere minorile di Nisida. L’istituto di pena ha infatti superato il numero massimo di ospiti. «Le indagini della magistratura, gli arresti decapitano i clan – spiega –. Ma il posto dei boss e dei capizona, delle varie gerarchie, è presto preso dalle seconde, terze file di gregari o di affiliati, giovani in massima parte e disposti a tutto».I giovanissimi detenuti di Nisida, quasi tutti di Napoli o dell’hinterland, hanno avuto condanne per gravi reati penali. Lo scippo, l’oltraggio al patrimonio sembrano essere opzioni ormai scarsamente praticate. Nuove inchieste annullano poi i boss di fresca nomina e così via, in una vorticosa giostra, mentre l’età si abbassa ad ogni giro. Le istituzioni sembrano essersi rassegnate a questo stato di cose. Mancano idee e progetti mentre l’associazionismo annaspa tra la propria buona volontà e l’altrui mancanza di fondi. «Per due anni abbiamo portato avanti un’articolata iniziativa per bambini e ragazzi, immigrati e napoletani, in una delle zone più disagiate e povere di Napoli con ottimi risultati – racconta Francesco Cristiano, referente della cooperativa MilleSoli –. Né il Comune né la Regione lo hanno rifinanziato sprecando il lavoro fatto, anche come volontari, e annullando le piccole importanti conquiste dei ragazzi».Il patrimonio della Campania sono proprio i ragazzi e i giovani: è la regione italiana dove in percentuale è maggiore il numero di ragazzi tra 0 e 14 anni e più bassa la percentuale di ultrasessantacinquenni. Ma è anche la regione dove si registra la più alta evasione scolastica, e di conseguenza un maggiore rischio di disoccupazione e di devianza.