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IL PAESE E I CONTI. La legge di stabilità finisce sotto assedio

Nicola Pini sabato 13 ottobre 2012
​La legge di stabilità finisce sul’ottovolante delle polemiche. Stavolta protestano non solo categorie, associazioni ed enti locali. Anche i partiti di maggioranza non fanno sconti al governo a partire dal nodo della retroattività dei tagli agli sconti fiscali. Il presidente della commissione Finanze della Camera, Gianfranco Conte (Pdl), annuncia che il Parlamento cambierà la norma che prevede i nuovi meccanismi di calcolo (più sfavorevoli) di detrazioni e deduzioni già sui redditi di quest’anno. Ma dall’esecutivo per ora non ci sono segnali di apertura. L’effetto reale di queste misure si avrà nel 2013 (con le dichiarazioni dei redditi 2012) precisa il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, da Tokyo, dove partecipa alle riunioni del Fmi: «Dal punto di vista di cassa il nuovo sistema partirà dal prossimo gennaio». Come dire: nei fatti non c’è una retroattività. E il presidente del Consiglio Mario Monti invita al realismo: l’Italia ha ancora davanti a sé «mesi difficili» anche se «non ha bisogno di chiedere» l’aiuto della Bce, ed è «importante» che la disciplina di bilancio prosegua, anche con il prossimo governo. I conti in ordine, secondo il premier, sono il «prerequisito» per una crescita sostenibile.Il monito del capo del governo per ora non ferma le critiche. Il testo definitivo della legge di stabilità non è ancora disponibile tuttavia man mano che sono emersi i dettagli si è visto che accanto al taglio di un punto delle prime due aliquote Irpef ci sarà una consistente riduzione degli sconti fiscali, con un minor beneficio per le tasche dei contribuenti. La scoperta che il taglio delle detrazioni varrà dal 2012 mentre gli sgravi Irpef partiranno nel 2013, poi, ha moltiplicato le reazioni già negative, da Confcommercio a Confindustria, dalla Cgil alle Acli. Ancora Gianfranco Conte ricorda che la retroattività viola lo Statuto del contribuente e annuncia che la norma verrà modificata. Anche l’Udc, con il capogruppo in commissione Bilancio, Amedeo Ciccanti, sostiene che la legge «uscirà dalla Camera assai diversa da come entra». Ma il partito più battagliero è il Pd che con diversi esponenti annuncia cambiamenti non solo sulla parte fiscale ma anche su scuola e sanità. Il più duro è il responsabile economico Stefano Fassina, che giudica il provvedimento «profondamente regressivo sul piano sociale ed economico» e richiede «significative modifiche». Dal Pdl il capogruppo al senato Maurizio Gasparri avverte che se il governo non rispetta gli impegni a non tagliare gli organici delle forze dell’ordine «la legge non può essere votata». Il ministro Grilli ricorda che se si vogliono abbassare le tasse va tagliata la spesa pubblica. «Non si può smettere di essere rigorosi sul taglio della spesa – afferma – se si vuole essere più dolci sul fronte delle tasse». Il responsabile del Tesoro comunque difende l’intervento sul fisco, spiegando che il taglio delle detrazioni vale un miliardo in più di gettito rispetto ai 6,5 miliardi in meno derivanti dal taglio dell’Irpef sulle aliquote più basse: «Ci sono 5,5 miliardi che entrano nelle tasche degli italiani».Intanto la Camera ha dato il via libera con quattro voti di fiducia, alla delega fiscale. Il provvedimento passa al Senato e una volta ottenuto l’ok definitivo il governo dovrà scrivere i decreti delegati. Torna l’accorpamento delle agenzie fiscali. Tra i capisaldi della delega c’è la riforma del catasto, la disciplina dell’abuso di diritto, nuove norme per la tassazione del reddito di impresa, e la costituzione di una commissione per stimare la lotta all’evasione.