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L'intervista. Lo statistico: «Migranti, le vittime in mare? Sono il 50% in più»

Paolo Lambruschi mercoledì 23 febbraio 2022

Le croci realizzate con il legno dei barconi dei migranti dal falegname e consigliere comunale lampedusano Franco Tuccio, 10 ottobre 2013

I fantasmi morti ai confini della Fortezza Europa sono molti di più di quanti abbiamo finora stimato nei giorni dedicati alla memoria e al dolore. Sono almeno 44.000 le vittime sulle rotte che portano all’Europa negli ultimi 27 anni. Finora le stime dicevano 30mila, vuol dire quasi il 50% di morti in più. I nuovi calcoli li ha rifatti uno statistico di Roma, Alessio Farcomeni 44 anni, ordinario di statistica alla facoltà di economia di Tor Vergata dal 2019.
«Sappiamo tutti – spiega Farcomeni – che i calcoli sui decessi ufficiali sono sottostimati. La mia procedura ci permette di avere una correzione automatica in tempo reale, e offre una stima accurata. I calcoli aggiornati vedono a marzo del 2020 44mila vittime anziché le 30.000 fin qui accreditate. Il periodo preso in esame va da gennaio 1993 a marzo 2020. Mi aspetto di sbagliare di 2000 decessi circa, per eccesso o per difetto. Colpisce che il numero sia cresciuto in modo lineare nel tempo, soprattutto il numero di morti per ciascun tentativo di ingresso».

Come lo spiega?
Probabilmente prima si partiva con mezzi più sicuri, probabilmente erano barche più piccole. Venti anni fa avevamo 1.600 decessi l’anno. Adesso siamo oltre il doppio, e il problema sta peggiorando. Principalmente la responsabilità è dei trafficanti, visto che gli eventi avvengono principalmente in mare.

Che dati usa?
Con la collaborazione dell’associazione United for Intercultural Action ho dati su qualunque tentativo di ingresso in Europa, su qualunque rotta, con fonte i media; e anche eventi nel porto sicuro. Ci sono persone morte di freddo dopo essere state portate a terra oppure perché non vengono curate tempestivamente. È accaduto anche che dei migranti abbiano avuto malori in stazione e il medico si sia rifiutato di visitarli.

Quali sono i punti più pericolosi?
La Libia è la peggiore, un vero inferno se si contano i morti prima della partenza e quelli che avvengono sulla rotta verso l’Italia. Nel 2015 ci sono stati molti decessi in Grecia, Turchia e sulle rotte balcaniche, ma la stragrande maggioranza dei decessi è avvenuta sulla rotta tra Libia e Italia. Non c’è paragone con la rotta più recente delle Canarie, o quella del canale della Manica tra Francia e Gran Bretagna.

Quali sono le percentuali?
Il 30% dei decessi sono avvenuti in Libia e il restante 20% tra l’Italia e il mar Mediterraneo. Quindi la metà dei 44.000 decessi è avvenuta sulla rotta Libia Italia. A seguire la Spagna con il 10% e la Grecia con il 5% di decessi, avvenuti tutti nel periodo in cui la Turchia ha fatto passare le persone per mettere pressione politica sull’Europa.

Che metodo usa per aggiornare i calcoli?
Viene creato un report degli avvenimenti che si riescono a registrare e poi si fa la somma delle vittime. Il problema è che non riusciamo a contare e a riportare tutti gli eventi. La mia è una tecnica statistica: quando parlo di 44.000 morti effettuo una stima, non un conteggio reale. Lo faccio sulla base di un modello semplice in cui vado a cercare di capire come estrapolare gli eventi non registrati. Un naufragio da 1.000 decessi viene riportato almeno da 50 fonti, ma uno con pochi decessi viene riportato solo da una o due. Riesco così a stimare quanti sono i decessi attesi a zero fonti, e poi moltiplico per la stima del numero di eventi a zero fonti. I miei risultati sono stime, ma attendibili. Ho ad esempio effettuato delle simulazioni, facendo vedere che mi avvicino al numero reale con gli eventi non riportati. Questo ha convinto i colleghi che hanno visionato il mio articolo che la tecnica era attendibile.

Esistono dei calcoli anche sui decessi nel deserto? Le stime dicono che ce ne siano altrettanti rispetto al mare...
Ho registrato alcuni di questi decessi, ad esempio 196 dal Niger. Le fonti sono scarse. Dei migranti nel deserto non parlano in molti, ma sono quelli più dimenticati e nascosti.