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Le seconde generazioni: «Subito la cittadinanza»

STEFANO PASTA sabato 30 aprile 2016
«Facciamo presto, la riforma della cittadinanza è a portata di mano». A cinque mesi dall’approvazione della Camera, è questo l’appello che la Rete G2 Seconde Generazioni rivolge al Senato, dove è ora in discussione il testo. Il 27 aprile è scaduto il tempo per la presentazione degli emendamenti in Commissione Affari costituzionali: oltre 7mila, la maggior parte della Lega Nord, quelli presentati da chi vuole fermare la riforma. Isaac Tesfaye, 31 anni, fa il giornalista, ma il 30 marzo scorso è stato ascoltato come attivista di G2 dalla Commissione. A che punto siamo nella discussione? Mancano tempistiche chiare e questo ci preoccupa, temiamo continui rinvii. Nel frattempo sono finite le audizioni della Commissione: il 30 marzo sono stati ascoltati il Viminale, G2, Unicef, Save the Children e l’Italia sono anch’io; il 12 aprile il direttore del Tg4 Mario Giordano, l’ex deputata Souad Sbai e il giurista Francesco Marini. Non sappiamo se verranno sentiti altri esperti. La presidente della Commissione, Anna Finocchiaro, ci ha detto che la riforma avanza insieme ad altri provvedimenti importanti; c’è il rischio che finisca in coda, serve stabilire un calendario preciso. Del resto si tratta di un testo già ampiamente discusso alla Camera, frutto di una sintesi tra oltre venti proposte iniziali. A Montecitorio tutta la maggioranza di Governo più Sel ha votato a favore, il M5S si è astenuto. Avevamo chiesto che il Senato approvasse il testo prima delle amministrative. Nel merito cosa chiedete? Siamo contrari a ulteriori compromessi al ribasso. Tre sono i punti principali del testo. Lo ius soli temperato: la cittadinanza ai bambini nati in Italia con un genitore in possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo. Il cosiddetto ius culturae: la cittadinanza ai ragazzi arrivati nel territorio nazionale entro i 12 anni che abbiano concluso le elementari o 5 anni di scuola. Infine il valore retroattivo della legge: si applica alle seconde generazioni adulte, ancora non italiane, che rientrino in uno dei due punti precedenti. Perché parlate di compromesso al ribasso? All’ultimo è stato introdotto il permesso di lungo periodo. Si può ottenere dopo 5 anni di residenza, ma soprattutto serve avere un determinato reddito: per un adulto con coniuge e due figli a carico almeno 14mila euro lordi l’anno. È un criterio restrittivo, ma il testo rimane pienamente positivo nel complesso. Occorre procedere spediti all’approvazione definitiva: eventuali modifiche implicherebbero un nuovo passaggio alla Camera. Quante persone riguarderebbe? I figli minorenni degli immigrati sono oltre un milione; più della metà ha un genitore con permesso di lungo soggiorno e quindi beneficerebbe della riforma. Il valore retroattivo per le seconde generazioni già adulte riguarderebbe 127mila nuovi italiani. Chi confonde i piani con i flussi dei profughi o il terrorismo, lo fa in modo strumentale ed elettorale: parliamo di minori cresciuti in Italia, radicati in questo Paese, ma che si scontrano con una legge anacronistica. Ci sono sportivi costretti a interrompere le loro attività per le difficoltà burocratiche, dottorandi che devono rifiutare posti nelle università europee perché rischierebbero di non potere più rientrare in Italia. In Senato abbiamo raccontato la storia assurda di Luca Neves, nato 28 anni fa da immigrati capoverdiani a Roma. È stato a Capo Verde una sola volta da bambino, poi ha frequentato dall’asilo alle superiori in Italia. La sua domanda di cittadinanza è stata respinta: doveva presentarla tra i 18 e i 19 anni, ma è arrivato tardi di qualche mese. Ha perso il lavoro e ora ha un foglio di via che gli dice di andarsene dal Paese dove vive da 28 anni. © RIPRODUZIONE RISERVATA