Attualità

L'intervista. Gozi: «Le barriere sono solo un danno economico»

Marco Iasevoli venerdì 15 aprile 2016
L’immediata reazione della Commissione Ue contro le iniziative dell’Austria in Brennero è confortante, ma Roma non può tacere e deve fare pressione a tutti i livelli sino a quando Vienna non recederà da queste «misure sproporzionate ». Immerso in un vortice di riunioni istituzionali con gli enti locali proprio sui temi dell’immigrazione, Sandro Gozi, sottosegretario agli Affari europei, recupera nel tardo pomeriggio le ultime informazioni dalla frontiera austriaca. E commenta amaro: «È un grave errore che contraddice lo spirito e la lettera dei Trattati. Un’azione preventiva che non aiuta il comune obiettivo di governare con umanità e responsabilità il flusso dei migranti, e che tra l’altro rischia di produrre un danno economico a tutti, a noi, a loro, alla Germania...». Insomma, senza mezzi termini, «l’Austria sta sbagliando e per motivi legati al loro dibattito politico interno non si concentra su quello che è urgente fare insieme: controllare le comuni frontiere esterne, andare decisamente verso un corpo di polizia e una guardia costiera Ue come proposto dall’Italia. Non sono le frontiere interne il problema». Il dispiegamento delle barriere però continua... E infatti non ci fermiamo nel rappresentare la nostra posizione. L’abbiamo fatto formalmente io, Gentiloni e Alfano. L’ha fatto l’ambasciatore a Bruxelles con i suoi colleghi. Devo dire che la prima reazione della Commissione Ue è stata positiva. E confido che la Commissione farà tutte le verifiche necessarie per evitare errori gravi sia dal punto di visto materiale sia dal punto di vista simbolico. Queste barriere sono una finta soluzione molto influenzata dal dibattito interno austriaco. Ma tutti ci confrontiamo con un aspro dibattito interno sull’immigrazione e la sicurezza: dobbiamo rispondere con vere soluzione comuni, non mettendo a rischio gli accordi di Schengen e quindi la credibilità stessa dell’Unione. In questi atti riscontrate una sfiducia verso l’Italia? Se così fosse, sarebbe irrazionale. Abbiamo fatto gli hotspot e siamo al 100 per cento di identificazioni. Abbiamo rispettato gli impegni, come sempre. E, allargando il contesto, l’Austria dovrebbe sentirsi rassicurata dall’accordo con la Turchia inerente la rotta balcanica. Roma ha dato un contributo responsabile su tutti i dossier. Sono gli altri che non l’hanno fatto. A cosa si riferisce? Alla politica comune dei rimpatri e dei reinsediamenti, sui quali si va ancora molto, troppo a rilento. Dal punto di vista geografico, pare quasi che l’Italia sia stretta in una morsa tra gli egoismi nazionali e il Mediterraneo. È così? Su questo punto vogliamo essere chiari con l’Ue. Ci aspettiamo che lo stesso sforzo fatto per arrivare ad un accordo con la Turchia sia fatto nel Mediterraneo e con i Paesi di transito del Nord Africa, Libia in testa. Il presidente Tusk ha confermato questo impegno l’altro giorno a Strasburgo. L’Unione deve cooperare con il governo di Sarraj. Anche al fine di consentire all’operazione Eunavfor med di agire in acque libiche per stroncare sul nascere le reti criminali. Il governo teme un’estate all’insegna dell’emergenza in mare? Sarebbe imprudente lanciarsi in previsioni. Posso solo dire che siamo attrezzati: la rete di accoglienza è rafforzata, la capacità di sbrigare velocemente le richieste di asilo è aumentata. Se ci sarà un picco, ripeto, ci aspettiamo che l’Ue agisca con grande solidarietà, come accaduto con la Turchia. Domani il Papa è a Lesbo. Un esempio per i governi europei? È un gesto di grandissima importanza che farà bene all’Europa, perché ci ricorderà ciò che siamo, la nostra identità. In questa crisi, l’Europa ha una formidabile occasione per diventare se stessa. Il Papa ci ricorderà che i diritti di chi chiede aiuto sono i nostri stessi diritti fondamentali. Seguiremo con affetto e gratitudine il viaggio, ma anche con la consapevolezza che come Paese non abbiamo mai rinunciato ai valori dell’umanità e dell’accoglienza.