Attualità

L'Avvocatura dello Stato "salta" la legge

Francesco Ognibene sabato 20 febbraio 2016

Una legge? Per adottare il figlio del partner dello stesso sesso in realtà non ce ne sarebbe bisogno. In pieno dibattito parlamentare sulle unioni civili e sul famigerato articolo 5 che prevede la contestatissima soluzione giuridica per i minori, salta fuori da un cassetto dell’Avvocatura dello Stato un parere che reca la data del 17 febbraio 2015 e la firma di Attilio Barbieri. Si tratta di una memoria a uso della Corte Costituzionale in vista del giudizio cui questa è stata chiamata – la camera di consiglio è in programma mercoledì 24 – sul caso di Eleonora Beck, 54 anni, doppia cittadinanza americana e italiana, e della 49enne Liz Loffe, sposate negli Stati Uniti nel 2013 e madri adottive l’una del figlio naturale dell’altra per la legge dell’Oregon. Emigrate a Bologna, le due hanno chiesto il riconoscimento della maternità incrociata ma il Tribunale si è rivolto alla Consulta per sapere se non siano illegittimi gli articoli 35 e 36 della legge 184 datata 1983 che disciplinando le adozioni non contemplano quelle omogenitoriali. L’Avvocatura, che dovrebbe difendere le leggi dello Stato e fa capo alla Presidenza del Consiglio (dalla quale ha recentemente ricevuto indicazione di non costituirsi per far valere le ragioni della legge 40 contro i ripetuti ricorsi di matrice radicale), ha espresso la convinzione che «non è astrattamente identificabile un pregiudizio per l’equilibrio psicofisico del bambino, non potendo identificarsi tout court il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale con una valutazione negativa derivante dal diffuso pregiudizio sociale sull’argomento». Un’analisi che ha ben poco di tecnico, come fa notare il Centro studi Livatino, recente promotore di un appello contro il ddl Cirinnà firmato da 600 giuristi, per il quale «l’Avvocatura esprime valutazioni metagiuridiche che non le competono». Giudizio avvalorato da altre espressioni che si leggono nella memoria, anticipata ieri con clamore da Repubblica: «Non avrebbe alcun fondamento logico e giuridico escludere l’adozione nel caso di convivenza tra persone dello stesso sesso» per «la preminenza dell’interesse del minore», punto peraltro sul quale la discussione pedagogica, giuridica e psicologica è del tutto aperta. Tirando le conclusioni l’avvocato Barbieri ritiene che la legge 184 «conferisce la possibilità di procedere all’adozione del minore da parte del convivente della madre biologica», anche se dello stesso sesso, chiamando in causa «altre sentenze di merito dei giudici italiani», ritenute invece dal Centro Livatino «minoritarie e contraddette dall’orientamento prevalente nella Cassazione». In breve: per l’Avvocatura – e dunque di Palazzo Chigi – la stepchild per coppie formate da persone dello stesso sesso sarebbe già possibile senza l’incomodo di passare per una legge (che sul punto, a giudizio del direttore di Gay.it Alessio De Giorgi, sarebbe pressoché irrilevante: «Il 95% di noi omosessuali – ha dichiarato – non ha figli e non intende averli»). Che la memoria dell’Avvocatura giunga a queste sorprendenti e discutibili conclusioni, e che queste vengano fatte trapelare in un momento decisivo per i destini della legge, fa insorgere i parlamentari contrari al ddl: «Abbiamo più volte constatato che il governo si è impegnato fino in fondo, senza avere però l’onestà di metterci la faccia anche formalmente – afferma Eugenia Roccella, esponente di Idea –. La sconcertante memoria dell’Avvocatura dello Stato lo conferma senza più dubbi». «È in atto un tentativo di risolvere il nodo divisivo della genitorialità omosessuale attraverso la solita giurisprudenza creativa», rincarano i senatori di Area popolare Maurizio Sacconi e Nico D’Ascola. Il Governo, tramite l’Avvocatura, «postula in astratto la sostanziale equivalenza tra la genitorialità omosessuale e la genitorialità eterosessuale – aggiunge il senatore di Idea Gaetano Quagliariello – negando di fatto il diritto dei bambini ad avere una mamma e un papà», mentre un altro senatore di Idea, Carlo Giovanardi, parla di «atto eversivo nei confronti della legislazione in vigore nel nostro Paese, offensivo nei confronti del nostro Parlamento».