Attualità

Direzione Pd. Lavoro e riforme, Renzi dà la linea

Roberta d'Angelo venerdì 30 maggio 2014
Non c’è bisogno di votare la relazione del segretario del Pd nella Direzione. Hanno già votato gli italiani. Matteo Renzi chiede il sostegno di tutto il partito per gestire l’inatteso risultato elettorale di domenica: «Dobbiamo definire se vogliamo metterci la residenza in questo 40 per cento o limitarci a vivere l’istante». Tradotto in renziano: gli italiani chiedono al Paese di essere protagonista nella riforma dell’Europa, «tracciarne la strada, non seguirla»; la riforma dell’Europa deve passare per quella del Paese. E nel Paese il lavoro «è la madre di tutte le battaglie». Ma anche la giustizia, tema sempre rinviato in Italia, torna di stretta attualità: il presidente del Consiglio fa il punto col ministro competente, Andrea Orlando. Da rivedere sono le normative in campo sia penale sia civile, obiettivo per il quale teoricamente Renzi aveva indicato in un primo tempo la data di «giugno». Il segretario del Pd lancia messaggi dentro e fuori confine. Alla Ue chiede «il progetto prima dei nomi», e ricorda che il Pd non solo è «il primo partito d’Italia, ma anche d’Europa». Una delucidazione decisiva, perché, spiega, in Italia sono stati sconfitti gli euroscettici, ma ha vinto la «speranza» di cambiamento. E però, avverte, «le misure attuate dalla Ue in un momento di crisi che risale a teorie degli anni 80 non danno risposte sufficienti alle attese dei cittadini». Insomma, dice Renzi ai suoi eurodeputati, la delegazione del Pd «può essere determinante» nei lavori del Parlamento europeo.Ma per «togliere all’Europa ogni alibi che l’Italia rappresenta un problema», occorre correre con le riforme. Il presidente del Consiglio conferma e aggiusta un’agenda fitta di impegni, ma ricorda che il jobs act sarà il vero punto di svolta, e che Poletti ha già presentato l’antipasto. «Guai a noi se buttiamo via questa chance ora, specie in un momento in cui qualsiasi tipo di preoccupazione intorno al lavoro e alla sua mancanza tocca tutte le famiglie italiane», insiste. Le riforme che si potranno fare da qui al 2018, senza bisogno di «campagna acquisti in Parlamento». Anche se, ammette, «si sono verificate delle vere scomparse di partiti».Ma ancora una volta il leader pd nega un valore politico al risultato delle europee. E se tra le riforme ci saranno anche quelle istituzionali e quella elettorale – da fare «entro luglio» – nessuno vorrà andare a votare subito. La vittoria del Pd è troppo schiacciante, per lo stesso Renzi che continua a mantenere il profilo dell’umiltà: «Abbiamo scelto di non festeggiare perché il risultato è il voto degli italiani per l’Italia». Perciò il 40,8 di consensi «chiama a una straordinaria responsabilità» che non permette «divisioni tra correnti». Un invito all’Assemblea del 14 giugno a non dividersi.«Il nostro compito è aprire una discussione sulla politica economica». L’elenco è lungo, in rampa di lancio c’è pure l’attuazione della delega fiscale. Ancora, c’è la riforma della Rai. E una scommessa sarà l’Expo. Renzi snocciolare i temi. Sono tanti e serve un Pd unito. Bisogna investire allora «sulla formazione politica attraverso strumenti tradizionali ma anche con le serie tv americane». Serve un Pd lontano da chi – dice senza citare Grillo – ha toccato «il punto più basso della campagna elettorale» con gli insulti a Napolitano e manda «in streaming i dibattiti», mentre «a trovare i leader populisti inglesi si va di nascosto».