Attualità

L'emergenza. Arrivi senza sosta, Lampedusa al collasso

Ilaria Sesana mercoledì 18 febbraio 2015
Quattro giorni di sbarchi e il centro di prima accoglienza di Lampedusa è già al collasso: nella struttura di contrada Imbriacola, che potrebbe accogliere al massimo 381 persone, nella giornata di ieri erano stipati circa 900 migranti arrivati sull’isola. Nel pomeriggio, grazie a un ponte aereo, in 300 sono stati trasferiti sulla terraferma, permettendo così di alleggerire la pressione. Ma le condizioni di vita a contrada Imbriacola restano molto difficili: impossibile assicurare spazi adeguati a donne e minori (circa 200 i bambini arrivati a Lampedusa), mentre alcuni profughi avrebbero dormito all’aperto e altri ancora all’interno della struttura ma senza coperte. A riconoscere le difficoltà, gli operatori delle Misericordie, l’ente gestore del centro: «Mancano i beni di prima necessità», è il loro allarme. Particolarmente delicata la situazione dei minori. «Ci sono una cinquantina di bambini che viaggiano con le loro famiglie. Mentre altri 150 sono minori non accompagnati – spiega Giovanna Di Benedetto portavoce di Save the children –. Chiediamo che vengano trasferiti al più presto tutti i migranti più vulnerabili, con particolare attenzione alle donne incinte e ai minori».Lampedusa torna a essere in prima linea: «La fine di Mare Nostrum sovraespone moltissimo l’isola perché non c’è più un presidio a Sud in grado di poter raccogliere migliaia di persone», commenta il sindaco Giusi Nicolini, che ha definito «un errore» l’interruzione di Mare Nostrum. Lampedusa e i suoi abitanti, insomma, continueranno a fare la loro parte per accogliere i profughi in fuga: ma le persone devono defluire il più velocemente possibile. «Faccio appello ai sindaci e ai presidenti delle Regioni del Nord  Italia affinché ci aiutino, affinché accolgano i migranti salvati nel canale di Sicilia e, al momento, ospitati a Lampedusa», conclude il sindaco.Il Viminale ha già iniziato i trasferimenti dei migranti dalla Sicilia verso altre regioni. E non sono mancate le polemiche. In Lombardia, dove sono attese circa 500 persone, l’assessore regionale alla Sicurezza, Simona Bordonali (Lega Nord) ha ribadito un secco “no” all’accoglienza: «La Regione ha difficoltà strutturale ad accogliere nuovi migranti», taglia corto. Duro anche il commento dell’assessore alle Politiche sociali di Milano Pierfrancesco Majorino (Pd): «La città, spesso da sola, in questo anno e mezzo ha già dato. L’accoglienza non è un lusso. È una responsabilità che deve riguardare tutti». Il Comune di Treviso, invece, ha letteralmente chiuso le porte in faccia a un gruppo di 35 profughi (tra cui 10 minorenni) di origine africana che hanno dovuto trascorrere la notte a bordo del pullman con cui erano arrivati in città. Il sindaco già lunedì aveva chiarito di non poterli accogliere e la Prefettura non è riuscita a trovare soluzioni alternative. Stop anche da Padova: «I criminali non si accolgono, si spediscono a casa», tuona il primo cittadino Massimo Bitonci.Sempre nella giornata di ieri, 642 persone sono sbarcate a Porto Empedocle (Agrigento), portando così ad almeno 3.800 il totale dei migranti tratti in salvo nel Mediterraneo tra venerdì e martedì, secondo quanto riferito dall’Organizzazione mondiale per le migrazioni. Difficile fare previsioni: sono circa 37mila i potenziali richiedenti asilo che si trovano bloccati in Libia. «E i trafficanti stanno continuando ad ammassare i profughi sulle coste», spiega don Mosé Zerai, costantemente in contatto con i profughi eritrei in partenza dalle coste africane. Inoltre, malgrado le tensioni e gli scontri, la Libia continua a essere una meta ambita per i profughi in fuga dal Corno d’Africa: «Queste persone sono cresciute nei campi profughi in Sudan e in Etiopia – spiega don Zerai –. Luoghi che non offrono una prospettiva per il futuro. E la mancanza di un’alternativa legale all’asilo le spinge ad affidarsi ai trafficanti». Quanto all’attacco di domenica alla Guardia Costiera italiana «siamo alle prese con un fenomeno nuovo e pericoloso», commenta il direttore di Frontex, Fabrice Leggeri, che ha chiesto una consultazione con gli Stati membri sui rischi che i partecipanti a "Triton" devono affrontare.