Attualità

MEDIA E POLITICA. Par condicio, la rivolta dei conduttori Rai

Roberto I. Zanini giovedì 11 febbraio 2010
I giornalisti Rai scioperano fra quindici giorni; il presidente della Vigilanza Sergio Zavoli propone di trovare un accordo per modificare il testo; per il Pdl, però, non ci sono i presupposti per apportare correzioni. Il nuovo regolamento sulla par condicio in Rai per le regionali, varato dalla Commissione di vigilanza, è destinato a far discutere ancora nei prossimi giorni. E che ci possano essere le condizioni per alcuni aggiustamenti lo indica il fatto che l’Autorità delle comunicazioni, solitamente incline ad accogliere ed estendere le medesime regole alle emittenti private, ha deciso di varare solo il regolamento valido per la prima parte della campagna elettorale, rinviando ai prossimi giorni l’approvazione delle norme per i 30 giorni prima del voto.È questo, infatti, l’arco temporale per il quale la Vigilanza ha previsto le regole sulle trasmissioni di approfondimento, fortemente contestate dal sindacato e dalle opposizioni, che gridano allo scandalo per la soppressione di "Porta a porta", "Ballarò", "Annozero", "In mezz’ora" e via dicendo. Indicando Silvio Berlusconi quale «mandante» dell’operazione, alla luce delle sue affermazioni sulla sostituzione della par condicio con la suddivisione degli spazi in proporzione al peso della lista in Parlamento. In realtà il testo non abolisce i programmi di approfondimento politico, ma afferma che, nell’ultimo mese, le tribune elettorali, con le loro regole di «parità di condizioni», sono «collocate negli spazi radiotelevisivi che ospitano le trasmissioni di approfondimento informativo più seguite, anche in sostituzione delle stesse, o in spazi di analogo ascolto». Quindi si aggiunge che nello stesso periodo «le trasmissioni di informazione sono disciplinate dalle regole proprie della comunicazione politica». Con la precisazione che la par condicio si può assicurare «anche nell’ambito di un ciclo di trasmissioni», purché candidati e liste abbiano le stesse opportunità di ascolto. Norma che ha fatto passare in second’ordine, nella gradazione delle proteste, la regola, sempre varata dalla Vigilanza, che esclude dalla presenza in tv tutte le forze politiche che non abbiano raggiunto il 4% alle ultime europee. Anche perché alla questione della presunta mancanza di libertà di informazione si associa un problema di introiti pubblicitari, dovuto allo scarso appeal sui telespettatori della formula delle tribune. Il presidente della Rai Paolo Garimberti si è già detto «preoccupato» per le ricadute economiche sull’azienda. Per protesta la Federazione della stampa ha convocato immediatamente una conferenza stampa, con la presenza di alcuni politici delle opposizioni e molti dei conduttori tv interessati dal regolamento, che hanno chiesto alla Rai di decidere in 48 ore (prima della pubblicazione in Gazzetta) come intende comportarsi col regolamento. Nell’occasione il segretario dell’Usigrai Carlo Verna ha confermato lo sciopero dei giornalisti Rai. Quindi ha lasciato intendere che si sta pensando di indire una giornata di protesta per la libertà di informazione sullo stile di quella dell’ottobre scorso. E mentre Michele Santoro parlava di «abuso di potere», l’ex ministro del Pd Paolo Gentiloni ha ipotizzato che la norma possa violare l’articolo 21 della Costituzione. In un’Ufficio di presidenza della Vigilanza convocato ieri, Zavoli ha chiesto di «verificare la possibilità di addivenire a una qualche ipotesi di soluzione». Il relatore del provvedimento Marco Beltrandi e il capogruppo del Pdl Lainati hanno però bocciato l’ipotesi.