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CASO RUBY. «Berlusconi non si presenterà ai pm» Il card. Bertone: c'è preoccupazione

Marco Iasevoli giovedì 20 gennaio 2011
"La Santa Sede segue con attenzione e in particolare con preoccupazione queste vicende italiane,alimentando la consapevolezza di una grande responsabilità soprattutto di fronte alle famiglie, alle nuove generazioni, di fronte alla domanda di esemplarità e ai problemi che pesano sulla società italiana". Lo ha detto il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, rispondendo a una domanda dei giornalisti sul caso Ruby. "La Chiesa spinge e invita tutti, soprattutto coloro che hanno una responsabilità pubblica in qualunque settore amministrativo, politico e giudiziario, ad avere e ad assumere l'impegno di una più robusta moralità, di un senso di giustizia e di legalità". Lo ha detto il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, rispondendo a una domanda dei giornalisti sul caso Ruby.Sul fronte giudiziario, gli avvocati del premier Silvio Berlusconi, indagato a Milano per concussione e prostituzione minorile, invieranno venerdì alla procura del capoluogo lombardo una nota in cui dichiarano che quella procura non è competente a indagare sulla vicenda. Lo hanno riferito fonti legali, spiegando inoltre che prima di mettere a punto la strategia difensiva per il premier, i suoi avvocati - - Niccolò Ghedini e Piero Longo -- attendono la decisione della Giunta per le autorizzazioni della Camera sulla richiesta dei pm di perquisire gli uffici di pertinenza del premier. Appare ormai evidente l'intenzione di Berlusconi di non voler recarsi davanti ai magistrati che lo avevano invitato a comparire per il 21, 22 o 23 gennaio prossimi. Ieri la Giunta ha deciso di rinviare a martedì prossimo l'esame della richiesta.BERLUSCONI ALL'ATTACCO DEI PMPur dicendosi «sereno», Silvio Berlusconi proprio non ha l’aria di chi si sta divertendo. Con il volto teso, il tono grave, ieri sera ha inviato il secondo videomessaggio in tre giorni ai promotori della libertà. O, meglio, ai pm di Milano. «Hanno violato la legge, sono andati contro i principi costituzionali, stanno cercando di sovvertire il voto popolare». E per la loro «procedura irrituale e violenta» ci sarà «adeguata punizione» (un termine cambiato in extremis, nel discorso scritto appariva il più morbido "reazione"). Ovvero, si metterà mano a riforme che fermino quei «magistrati che cercano di far fuori illegittimamente chi è stato eletto». Parole che, nel giorno in cui il Csm si spacca sul caso De Pasquale, acuiscono la guerriglia con il mondo della giustizia. Ma il Cavaliere non sembra mosso solo dalla furia, dalla sua ha il risultato parlamentare del mattino «che conferma la fiducia al governo», ovvero il voto favorevole di Camera e Senato alla relazione del Guardasigilli Alfano sullo stato della giustizia in Italia (a Montecitorio 305 si, 285 no, un astenuto e un paio di esponenti Mpa che si allontanano dall’Aula, in segno di non ostilità con il governo). Non solo: quanto dice Bossi («la magistratura l’ha massacrato...») e il vertice serale a palazzo Grazioli con i leader leghisti confermano che l’alleanza tiene, che finché ci sono i numeri si va avanti.Forte di questi elementi, il Cavaliere arriva a sfiduciare i suoi "persecutori": «Io ci andrei subito dai giudici – ripete più volte –, ma non da questi pm, che fanno lotta politica». Il che vuol dire che non accetterà l’invito a comparire della procura meneghina. Ma ora sente di potersi spingere anche oltre, mettendo mano a quella riforma completa della giustizia sempre agognata e mai realizzata fino in fondo, di recente per l’interposizione di Fini. Non è un caso se, mentre Eugenia Roccella evocava Tangentopoli parlando dell’attacco dei pm come dell’«ultimo atto» di quella vicenda, ieri Gaetano Quagliariello ha lanciato un appello per approvare il ddl bipartisan sull’immunità.Il video segue, in ordine temporale, la registrazione della puntata di Kalìspera in cui Ruby si confessa e lo "scagiona". Anche il Cavaliere parla del processo. Nel metodo, contesta «il continuo monitoraggio della casa di Arcore, in cui svolgo funzioni di governo e di parlamentare», l’utilizzo di tecniche d’indagine «degne di una retata contro la mafia», la «gravissima violazione della privacy». E ancora, ribadisce che gli atti dovevano essere inviati entro 15 giorni al tribunale dei ministri, che in ogni caso per il reato di concussione era competente la procura di Monza. Nel merito, poi, rilegge parte della testimonianza di Pietro Ostuni (manca un pezzo però, quello in cui l’ufficiale chiamato dal premier la notte del 27 maggio per affidare Ruby alla Minetti afferma che per lui era «implicito» il fatto che ci si riferisse ad una minorenne). «Ma vi pare che questa sia una telefonata di minaccia?», chiede il Cavaliere. Poi legge una dichiarazione di Ruby firmata dai suoi avvocati, che lo libera da ogni accusa. Sono le sue «prove inconfutabili», che si uniscono all’indignazione per il trattamento che avrebbero subito dalla polizia le sue giovani ospiti ad Arcore («sono state maltrattate, sbeffeggiate, costrette a spogliarsi, non hanno potuto chiamare l’avvocato, sono state senza pranzo dalle 8 alle 20»). Insomma, serve una «punizione».