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Migranti. Arrivati sui barconi, battezzati dal vescovo: «Ora ci sentiamo a casa»

Antonio Maria Mira, inviato a Siderno Superiore (Reggio Calabria) sabato 2 novembre 2019

Siaka, 37 anni della Costa d'Avorio, e Helen, 33 della Nigeria, sono stati battezzati insieme con la figlia più piccola Maria. La figlia maggiore, Fortuna, aveva già ricevuto il Battesimo

Parte un lungo applauso nella chiesa di San Nicola di Bari, a Siderno Superiore, in provincia di Reggio Calabria. La piccola Maria, nel suo candido vestitino, si stupisce ma poi si unisce battendo le manine. È la conclusione dei riti del Battesimo di Siaka, Helen e Maria, famiglia di immigrati accolti e integrati nella comunità parrocchiale e cittadina. «Oggi è un momento di festa per una comunità parrocchiale che accoglie una famiglia che viene da lontano – dice il vescovo di Locri-Gerace, monsignor Francesco Oliva –. E accogliere è crescere. Io vi ringrazio perché il vero volto della famiglia, della comunità è l’accoglienza».

La chiesa è piena, segno davvero di una comunità aperta e disponibile. Tutti vogliono essere accanto a Siaka, Helen, Maria e la sorella più grande Fortuna, 12 anni. «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello», è un passo della Prima Lettura. E sembra davvero la vita di questa famiglia.

Partono dalla Libia e arrivano a Lampedusa nel 2008, su barconi separati. È la strategia dei trafficanti, dividere per fare più soldi. Helen ha in braccio Fortuna, appena un anno, che allora non aveva questo nome. Il mare è grosso, la piccola piange. Lo scafista urla di farla stare zitta, minaccia di buttarla in mare. Così la mamma per tutto il viaggio le tiene il naso tappato per obbligarla a respirare con la bocca e non piangere più. E la bimba si salva. «È stata fortunata», dicono alla madre. Così il suo nome diventa Fortuna. Ritrovano Siaka, la famiglia è nuovamente unita ma le tribolazioni proseguono. Finiscono in Calabria, Piana di Gioia Tauro. Per loro c’è solo una baracca nelle campagne di Rizziconi. Anche quando l’anno scorso nasce Maria.

Poi un piccolo miracolo. Il vescovo Oliva decide di accogliere alcune famiglie di immigrati. Quella di Siaka e Helen, lui 37 anni della Costa d’Avorio, lei 33 della Nigeria, viene segnalata da Bartolo Mercuri, “papà Africa”, presidente dell’associazione “Il Cenacolo” di Maropati che da più di 20 anni è vicino concretamente ai più poveri, immigrati e italiani. E dal Tirreno finiscono sullo Jonio, a Siderno superiore, piccolo paese sulle falde dell’Aspromonte. Ospiti della diocesi in una casa della parrocchia.

«Si sono perfettamente integrati – spiega il parroco don Giuseppe Alfano – il paese li ha adottati. Lui il lunedì mattina va nella Piana di Gioia Tauro a lavorare e torna venerdì sera. È molto bravo, un gran lavoratore. Fa tanti lavoretti anche qui. Lo chiamano perché è bravo». Fortuna tutte le mattina va a scuola a Siderno Marina, accompagnata da qualche mamma. Davvero una comunità accogliente. Un esempio, come sottolinea ancora il vescovo. «Questa è una bella immagine, la Chiesa ha le porte aperte, non fa distinzione di razza, di provenienza, di colore. Vorrei che questo fosse d’esempio per tutta la diocesi». E non è solo aiuto materiale. «La comunità accoglie e evangelizza, trasmette la fede, non solo pensa ai bisogni materiali ma dona i propri valori».

Ecco dunque il percorso che porta oggi al Battesimo e alla Cresima di Siaka, Helen e Maria (Fortuna lo ha già fatto anni fa), accompagnati dai padrini Salvatore e Daniela, una coppia impegnata con la Caritas. Una bella celebrazione, familiare, commuovente. La coppia in ginocchio davanti al vescovo, mentre Maria è in braccio alla madrina. La fonte battesimale, la veste bianca, le promesse e le rinunce con voce ferma. E il caloroso applauso, accompagnato dal battito delle manine di Maria.

Il vescovo fa un ultimo appello. «Fate in modo che si sentano a casa loro, come noi ci sentiamo a casa nostra. Possiamo fare di più perché la Locride sia ancora più accogliente, apriamo i nostri cuori e le nostre case, non abbiamo niente da perdere ma solo da guadagnare». La diocesi è pronta e dà l’esempio. E ha messo a disposizione altre quattro case in diversi paesi. E mentre l’ultimo canto sale tra le volte della chiesa, tutta la comunità si mette in fila per salutare la famiglia e sono baci e abbracci, lunghi, intensi, di chi davvero si vuole bene. «Grazie, grazie. Siamo davvero a casa – dicono Siaka e Helen, lei con le lacrime agli occhi –. Qui stiamo proprio bene. Ci hanno accolti con tanto amore». E stasera una grande festa. E in primavera il matrimonio.