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Il caso. La guerra delle spie tra Ankara e Roma per il controllo di Tripoli

Nello Scavo martedì 18 gennaio 2022

La Turchia contro l'Italia in Libia. La motovedetta è stata fornita dall'Italia alla cosiddetta Guardia costiera libica, ma gli addestratori sono turchi

Tra spy story e regolamenti di conti, in Libia l’anno riparte con il consueto spartito di milizie rapaci, potenze esterne che sgomitano e diritti umani calpestati. A Tripoli è la Turchia a fare da asso pigliatutto rivendicando con colpi sotto la cintola quella che considera ormai terra di propria influenza.

Ankara ha ufficialmente accusato di alto tradimento Metin Gurcan, ufficiale in congedo e fondatore del partito di opposizione Deva. In un colpo solo il presidente turco Erdogan ha fatto fuori un nemico e lanciato messaggi ad alcune capitali europee. Gurcan è infatti accusato di avere passato ai servizi segreti italiani e spagnoli informazioni riservate sulle trame della Turchia in Libia.

Intanto Tripoli ha fatto un altro regalo alla Turchia, che di fatto già controlla buona parte della cosiddetta guardia costiera libica. Il governo del premier Dbeibah ha nominato a capo del Dipartimento contro l’immigrazione illegale (Dcim) il capomilizia filoturco Mohammed al-Khoja, accusato da varie organizzazioni internazionali e dalle agenzie Onu d’es- Tsere legato al business del traffico di persone.

Il Dcim amministra, attraverso i clan sul territorio, i campi di prigionia ufficiali. Compreso quello di Tarik al-Sikka, gestito personalmente da al-Khoja. Il suo gruppo si era distinto durante il contrattacco del 2020, quando venne scongiurato l’ingresso a Tripoli dell’alleanza di milizie federate sotto la bandiera del generale di Bengasi Khalifa Haftar.

A sostenere la controffensiva dei signori della guerra fedeli a Tripoli fu soprattutto la Turchia. Che adesso, dai guardacoste in mare agli aguzzini sul terreno, tiene le redini della principale arma di ricatto contro l’Europa: il flusso migratorio.

«La sua nomina svela la follia del sostegno finanziario dell’Ue, dato che i destinatari dei fondi europei e le milizie che trafficano in persone sono spesso la stessa cosa », osserva Joe Galvin, del network giornalistico internazionale The Outlaw Ocean Project sull’illegalità nei mari. Malta si era già messa al riparo.

Al fianco di al-Khoja ci sarà il colonnello Alex Dalli, ex direttore delle carceri dell’isola. L’ufficiale era stato costretto alle dimissioni dopo che la testata cattolica Newsbook aveva scoperto e denunciato una serie di violazioni dei diritti umani che avevano portato a quadruplicare i suicidi tra i detenuti all’epoca in cui Dalli era il direttore. Vennero documentate all’interno del carcere, soprusi, pestaggi, perfino l’invenzione di una «sedia di contenzione » dove incatenare i detenuti dalla testa ai piedi.

Il ministro degli Interni Byron Camilleri ha spiegato che il colonnello è stato inviato a Tripoli per merito della sua «vasta esperienza». Avrà il compito di rendere pienamente operativo l’accordo bilaterale firmato oltre tre anni fa in segreto con i buoni uffici del controverso ex funzionario maltese Neville Gafà. Accordi che hanno visto adoperare anche una flottiglia di pescherecci fantasma per catturare i migranti e riconsegnarli ai campi di prigionia libici. Bruxelles si volta dall’altra parte.

L’Ue aveva inizialmente concesso gli stanziamenti per equipaggiare e addestrare i guardacoste libici a patto che sulle motovedette venissero montate delle videocamere. Le registrazioni avrebbero permesso di valutare l’effettiva capacità operativa e il trattamento a bordo delle persone intercettate in mare. Immagini che però sono sparite.

Rispondendo a una interrogazione di undici europarlamentari italiani, il commissario Ue agli Esteri, Josep Borrell, ha spiegato che «la Commissione non è al corrente della presenza di videocamere a bordo delle motovedette della Guardia costiera libica». I parlamentari del gruppo dei Socialisti e Democratici avevano fra l’altro chiesto – basandosi sulle rivelazioni di Avvenire – di poter visionare le immagini.

Borrell non ha negato l’esistenza dei filmati: «La Commissione – ha replicato – non dispone di video delle operazioni della guardia costiera libica». Tuttavia Bruxelles «non ha la competenza per richiederli». Nel 2018 l’allora rappresentante per gli Esteri Ue Federica Mogherini aveva scritto che la consegna di «Go-Pro camera è stata completata». Sfortunatamente, «la mancanza di una connessione internet affidabile – precisava Mogherini – ostacola la capacità della Guardia costiera e della Marina libica di caricare e condividere il materiale registrato».