Attualità

Braccio di ferro tra Pd e M5s. La guerra dei cinghiali tra Raggi e Zingaretti

G.Car. giovedì 2 settembre 2021

Famiglia di cinghiali in un'aiuola spartitraffico a Spinaceto

Nuovo scambio al vetriolo tra Pd e M5s riguardo il proliferare dei cinghiali nella Capitale. I famelici ungulati tornano al centro del dibattito politico romano, dopo l’accusa di oggi del Comune e la risposta, piccata, da parte della Regione.

Il Campidoglio oggi ha di nuovo criticato in una nota la Regione Lazio, ritenendola inadempiente nella gestione del fenomeno: «Secondo l'Articolo 19 della legge nazionale 157/92, sono le Regioni a dover provvedere al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia». La colpa è di Zingaretti, quindi, reo della mancata predisposizione di «efficaci piani di gestione» e di non aver dato seguito al Protocollo d'Intesa sottoscritto con la Capitale.

Il tema è delicato, specie in campagna elettorale, e la risposta della Regione non si è fatta attendere: «La responsabilità degli animali che si trovano fuori dai parchi è in capo ai comuni». Non solo. L’amministrazione pentastellata avrebbe favorito il fenomeno con una «continua presenza di rifiuti nell'area urbana di Roma». Rincara la dose il capogruppo del Pd romano, Giulio Pelonzi, che parla di «ennesimo scaricabarile» da parte della sindaca Raggi. In serata Zingaretti, rivolgendosi ai giornalisti, usa il sarcasmo: «Non vi mettete le dita nel naso, fatelo per me, perché Virginia Raggi altrimenti troverebbe il modo di dire che è colpa mia e della Regione».

Ma nello scambio di veleni incrociati tra Pd e M5s si inserisce anche Fratelli d’Italia, per bocca di Enrico Cola ed Elisabetta Bianchi, candidati al Municipio II alle prossime amministrative. Quello di Raggi, per loro, è solo «un escamotage elettorale per confondere i cittadini e scaricare le proprie incapacità sulla Regione».

In ogni caso, la vicenda dei cinghiali, al di là delle schermaglie politiche, è un tema tutt’altro che folkloristico che non riguarda solo la Capitale. A luglio in molte città, Roma compresa, erano scesi in piazza migliaia di agricoltori della Coldiretti e semplici cittadini per chiedere di fermare i «2,3 milioni di cinghiali che invadono indistintamente campagne e città». La pandemia poi, riducendo le attività umane, ha acuito il fenomeno.

Se i cinghiali ridono, i pesci capitolini piangono: sono tanti quelli affiorati in superficie negli ultimi giorni, in molti tratti del Tevere. Mistero sulle cause. Si è ipotizzato lo sversamento di sostanze tossiche nelle acque e la contaminazione da "pioggia sporca", ma secondo l'Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpa) «i dati provvisori ottenuti e le misure effettuate in campo non hanno evidenziato fino al momento particolari criticità».