Attualità

IL FRONTE DELLA SPESA. La furia dei sindacati: così il governo rischia lo sciopero

Gianni Santamaria mercoledì 4 luglio 2012
​Musi lunghi all’uscita dell’incontro con le parti sociali. I sindacati lamentano l’assenza di dettagli sulle cifre dell’intervento. Raffaele Bonanni, numero uno della Cisl mette a verbale che «il governo non ci ha convinto». Ma lascia ancora spazio, chiedendo concertazione, altrimenti si valuterà il da farsi. «Chiediamo un’operazione seria, non di facciata. Chiediamo una ristrutturazione di Regioni, Province, Comuni. Gli esuberi vengono fuori da un lavoro analitico, che finora il governo non ha fatto». Anzi, «finora ci sono solo discussioni aleatorie. Io ho avuto l’impressione che il governo non abbia le idee chiare». Più tranchant il giudizio di Luigi Angeletti, leader della Uil. «Non credo si possa evitare lo sciopero generale se ci saranno solo tagli lineari». E aggiunge che si configura «una carezza alla politica e una stangata per i lavoratori».Questo all’uscita. Ma durante la riunione con il governo, trapela, c’è stato un duro scontro tra le quattro sigle e l’esecutivo. Terminata la relazione di quest’ultimo Susanna Camusso, segretario generale della Cgil sbotta: «Non immaginavamo una comunicazione così criptica, insufficiente, al limite della reticenza soprattutto di fronte alla mole di indiscrezioni e di notizie circolate sulla stampa». E Monti ironico ribatte: «Sapesse quante cose raccontano anche a noi, dottoressa». Il vertice va avanti ma Camusso non desiste e a quasi al termine torna ad incalzare il premier: «Presidente, ci lasciamo cosi? Non ci dice niente sulla traduzione in legge dell’accordo del 3 maggio scorso sul pubblico impiego o su come andare avanti?». Ma da Monti non sembra arrivare una risposta precisa. Allora un nuovo attacco. «Non vorrei essere impertinente, ma l’accordo del 3 maggio è carta straccia?», insiste Camusso. E Monti taglia corto: «Non è all’ordine del giorno». Il segretario dell’Ugl Giovanni Centrella giudica giuste le iniziative tese a non aumentare le tasse attraverso riduzioni di spesa e accorpamenti, ma chiede che «a pagare non siano sempre gli stessi, cioè i dipendenti pubblici». Non a caso, quando iniziano a circolare le bozze del provvedimento, esce un comunicato congiunto delle sigle della Funzione pubblica e della scuola di Cgil-Cisl e Uil, che si dicono pronte a mobilitarsi e ribattono a Monti che si tratta di una «vera e propria manovra economica», «l’ennesima in due anni» che «non si discosta affatto» da quelle precedenti.Positivo, anche se cauto, il giudizio di Confindustria, con il presidente Giorgio Squinzi: «Complessivamente è un buon inizio. Confindustria ne condivide l’impostazione ma ora dobbiamo valutare nel dettaglio i provvedimenti». E di Rete imprese Italia. «Ci auguriamo che gli interventi del governo servano anche a diminuire il carico e il costo di una burocrazia che oggi pesa per 23 miliardi l’anno sulle imprese», dice il numero uno del sodalizio, Giorgio Guerrini.Anche dagli enti locali, incontrati prima delle parti sociali, arrivano solo mugugni. La preoccupazione espressa da governatori e sindaci riguardano in particolare sanità e trasporto pubblico. Lo dicono a ranghi compatti Renata Polverini (Lazio), Roberto Cota (Piemonte) e via via gli altri. «Siamo molto allarmati da questo atteggiamento di non trasparenza e quindi i Comuni saranno molto vigili perché siamo giunti al limite e abbiamo grandissime difficoltà a garantire i servizi sociali essenziali o il trasporto».Un fronte polemico, anche interno alle Regioni, si apre con il governatore del Veneto Luca Zaia, che non è andato all’incontro romano. «Siccome io credo nella spending review, ho fatto risparmiare il biglietto dell’aereo. È inutile discutere con un esecutivo che come filosofia aziendale ha quella di non tagliare chi spreca». Gli replicano Enrico Rossi (Toscana) e Vito De Filippo (Basilicata). «Viaggiando in seconda classe e in economy, come ho fatto io, si può fare spending review anche venendo a Roma», gli dice il primo. Mentre per il secondo «è un errore evitare il confronto».