Attualità

BENI CULTURALI. Le basiliche crollate come i capannoni

Paolo Viana mercoledì 13 giugno 2012
Il terremoto ha modificato anche lo skyline di Mantova, patrimonio dell’umanità, recidendo il lanternino della basilica di Santa Barbara. L’Unesco ha già promesso che darà una mano, ma non è l’unico panorama che esce malconcio da due settimane di scosse. La chiesa di Moglia, ad esempio, è irrecuperabile. Il campanile di Bondanello da ieri pomeriggio non esiste più: era pericolante e l’hanno tirato giù agganciandolo con robuste funi a due trattori. A quello di Suzzara sarà asportata la sommità aggiunta nel ’59. L’impatto delle scosse non è uniforme, si sa. In alcuni casi i danni si stanno rivelando più contenuti di quel che si temeva, ma nelle campagne emiliane, man mano che ci si avvicina all’epicentro, il bollettino è quello di una guerra vera: il duomo di S. Felice sul Panaro è crollato, il campanile di Medolla va demolito, la chiesa di Rivara è messa male, ferita anche l’antica pieve di San Pietro in Elda, mentre nell’abbazia di Nonantola entrano solo le apparecchiature dei vigili del fuoco e il complesso di Disvetro è irrecuperabile... Nei territori carpigiani sono implose quasi tutte le volte delle chiese più importanti. Fatali gli scarsi incatenamenti in copertura, quelli che corrono lungo il tetto e legano la struttura. Quarantoli, Novi, San Possidonio, tutti i paesi della Bassa emiliana ci raccontano storie di crolli che lasciano un vuoto importante anche nella cultura di queste genti: «i danni alla facciata e alla parete sud di Santa Maria della Neve a Quarantoli - spiega l’architetto Silvia Pongiluppi che ha curato numerosi restauri in zona - priva la nostra comunità della pieve dove si è sposata una buona metà dei mirandolesi». Questo terremoto riscriverà anche la tecnica edilizia. Spostiamoci nuovamente lontano dall’epicentro, a Reggiolo, sulla riviera del Po: anche lì la volta della parrocchiale non ha tenuto e anche lì l’avevano costruita a botte con i mattoni messi di piatto; tecnica consolidata, seguita per secoli, ma che non garantisce alcuna elasticità ai soffitti. «Quando la terra trema e le pareti si flettono, se la copertura non è elastica avviene quello che è successo, tragicamente, in molti capannoni» spiega l’ingegnere Marco Soglia. Il terremoto dell’arte e della fede avrà costi altissimi. «Il computo del danno è già elevato ma ancora provvisorio - ammette Stefano Battaglia, economo della diocesi di Carpi - in quanto dipenderà dal tipo di ricostruzione che si deciderà di fare: l’eventuale adeguamento sismico dei monumenti potrebbe farlo esplodere». Senza contare le spese per il restauro delle opere d’arte. Questa sola voce a Carpi vale un milione di euro.