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Il caso. La punizione per l'Ave Maria in classe: 20 giorni di sospensione alla maestra

Viviana Daloiso martedì 11 aprile 2023

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Bisogna tornare al 22 di dicembre dello scorso anno, per ricostruire la “grave” colpa di cui si sarebbe macchiata la maestra Marisa Francescangeli, 58 anni, alle spalle una lunga carriera nel mondo della scuola e l'attività nell'Associazione italiana maestri cattolici, di cui è consigliera provinciale. Quel giorno, complice l'assenza di un suo collega, all'insegnante – che lavora nella scuola primaria di San Vero Milis, vicino a Oristano – è stato chiesto di coprire un'ora di supplenza nella classe terza. E lei ha deciso di far costruire ai bimbi un bracciale con delle perline, come un piccolo rosario, per poi recitare con loro un'Ave Maria. Un fatto inaccettabile per due mamme, che si sono rivolte immediatamente al preside dell'istituto protestando per l'accaduto.

E non è bastata la riunione coi genitori convocata dal dirigente, in cui la maestra Marisa è arrivata persino a scusarsi, spiegando che le era sembrato naturale recitare una preghiera alla vigilia di Natale, che i bambini delle sue classi frequentano tutti l’ora di religione (ciò che non viene confermato dalla scuola, che si è trincerata dietro un “no comment” sulla vicenda) e che in nessun modo voleva mancare di rispetto e offendere, con quel gesto. Due sabati fa – e a ben tre mesi dall'accaduto –, ecco consegnata a mano la raccomandata in cui è stata messa nero su bianco dall'Ufficio scolastico di Oristano la punizione prevista per quell'Ave Maria: 20 giorni di sospensione e la riduzione dello stipendio. «Per me è stato uno choc – confessa lei – nella mia carriera non ho mai avuto problemi». Un percorso lavorativo iniziato a metà degli anni '80 con le prime supplenze in provincia di Nuoro, poi la vittoria del concorso per insegnare nelle scuole primaria e infanzia. «Non penso di aver fatto nulla di male, oltretutto tutti i bambini seguono le lezioni di religione e si stanno preparando per la Prima Comunione – spiega trattenendo a stento le lacrime –. Per me è una gioia andare a scuola. Mi mancano i bambini». Ma contro l’insegnante sarebbero state sollevate anche critiche per un’altra lezione, stavolta tenuta sui rischi legati al fumo: «I bambini mi avevano fatto delle domande sulle sigarette – spiega la maestra – e io ho risposto loro che fanno male».

Le reazioni

Il caso è seguito dall'avvocata della Uil Elisabetta Mameli, che farà ricorso contro il provvedimento: «Posso già dire che il provvedimento preso è chiaramente sproporzionato» spiega, raggiunta telefonicamente da Avvenire. Ma c'è anche la contestazione circa le tempistiche adottate dall'Ufficio scolastico di Oristano, che non avrebbe lasciato tempo sufficiente per presentare materiale in favore della docente. Nel frattempo, la vicenda è finita sul tavolo del ministro dell'Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, con interrogazioni e dichiarazioni di vari parlamentari di centrodestra in cui si denunciano «l'intolleranza verso la religione cattolica» e «l'integralismo laico», mentre la presidente della commissione Istruzione del Consiglio regionale della Sardegna, Sara Canu (Fratelli d'Italia), ha chiesto all'Ufficio scolastico regionale di verificare la correttezza delle azioni che hanno portato alla sospensione. Di provvedimento eccessivo parla anche l’Associazione nazionale dei presidi, che pure critica come «inadeguata l’azione della maestra: la scuola è laica non deve portare gli alunni a professare nessuna religione, quella cattolica, ebraica, musulmana o quale che sia. L’atto andava contestato, ma non giustifica un provvedimento così importante». E molto critico è stato anche il governatore della Regione, Christian Solinas, che ha parlato di un «segno di furia iconoclasta».

L'Ufficio scolastico regionale: nessuna finalità ideologica

Sulla vicenda è intervenuto solo oggi il direttore generale dell'Usr Francesco Feliziani, secondo cui tutto ruota intorno a un'informazione parziale e incompleta: «Non si è trattato di un provvedimento dettato da “furia iconoclasta” come l'ha definito il presidente Solinas - ha detto -, ma di un iter garantista seguito dall'organo collegiale di competenza». In particolare, ci sarebbero state segnalazioni da parte di altri docenti e genitori sulle pratiche religiose fatte fare ai bambini durante le lezioni. Da lì è partita l'azione disciplinare che l'ha coinvolta: «Non è stata un'Ave Maria in classe» taglia corto Feliziani. Il procedimento peraltro era un atto dovuto: «Il dirigente scolastico trasmette le presunte violazioni all'Ufficio scolastico provinciale. In base alla cosiddetta Legge Brunetta del 2009, chi non esercita un'azione disciplinare che ha l'obbligo di portare avanti, diventa passibile a sua volta di azione disciplinare. Alla fine del procedimento l'Ufficio provvedimenti disciplinari verifica se ci siano state violazioni e le inquadra nel regolamento con le relative pene. È un procedimento garantista». Il vertice della scuola in Sardegna, insomma, ha ribadito che l'azione dell'ufficio «è improntata a canoni di correttezza amministrativa, senza nessuna finalità ideologica come quelle che ci hanno imputato».

La maestra Marisa, dal canto suo, si sente vittima di una ingiustizia, «umiliata». Ma non è sola. In molti , tra colleghi e genitori dei bambini della scuola sono indignati per la vicenda, l’hanno chiamata per sostenerla e hanno chiesto spiegazioni direttamente al preside per l’accaduto, evidenziando come il provvedimento sia stato preso a seguito della protesta di appena due famiglie. «Io adesso però – conclude la maestra – penso solo al 16 aprile, quando finalmente potrò riabbracciare tutti i miei alunni».